Il Sindaco della Città di Taranto Rinaldo Melucci, con l'ordinanza numero 15 del 2020, imponeva ai gestori l'individuazione e il superamento delle criticità derivanti da fenomeni emissivi dello stabilimento siderurgico.
ArcelorMittal e Ilva in As avevano poi presentato due provvedimenti-gemelli che erano stati accolti lo scorso 24 Aprile 2020, sospendendo di fatto l’ordinanza sindacale. Erano stati previsti una serie di atti istruttori da compiersi entro lo scorso 7 Ottobre.
Con questa sentenza il TAR afferma che il termine per "procedere a ulteriori accertamenti e verifiche al fine di individuare preliminarmente le anomalie di funzionamento" deve ritenersi "ormai irrimediabilmente decorso".
Uno dei passaggi fondamentali della sentenza afferma che deve “pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione". Si legge anche della “piena sussistenza del presupposto grave pericolo per la salute e per la vita dei cittadini, che nel caso della città di Taranto deve ritenersi immanente e permanente.”
Il TAR ha quindi stabilito che "il termine assegnato nella misura di giorni 60 (sessanta) per il completamento delle operazioni di spegnimento dell'area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata, deve ritenersi decorrere ex novo dalla data di pubblicazione della presente sentenza, in quanto medio tempore sospeso per effetto della sospensione cautelare dell'efficacia del provvedimento contingibile e urgente"
Arcelor Mittal ha già dichiarato che “In relazione alla sentenza emessa dal TAR della Puglia, promuoverà immediatamente appello presso il Consiglio di Stato contro la chiusura dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto.”
In precedenza il TAR si era espresso in modo contrario alle istanze presentate dal Comune di Taranto.
Questa sentenza è molto importante perché MAI PRIMA D’ORA il TAR aveva accolto con così tanta chiarezze le istanze ambientali e relative alla salute dei cittadini, istanze che in precedenza era state spesso contrapposte e ridimensionate in favore di tematiche economiche ed occupazionali.
sul ricorso numero di registro generale 393 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Arcelormittal Italia S.Pa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Gianni, Antonio Lirosi, Valeria Pellegrino, Elisabetta Gardini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Sindaco pro tempore del Comune di Taranto, Quale Ufficiale del Governo, Arpa Puglia, Dipartimento Ambientale Provinciale – Taranto non costituiti in giudizio;
Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Agenzia Regionale per la Prevenzione e La Protezione Ambientale per la Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Marasco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ufficio Territoriale del Governo di Taranto, Ispra, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo;
nei confronti
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ilva S.p.A. in Amministrazione Straordinaria non costituiti in giudizio;
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo;
sul ricorso numero di registro generale 397 del 2020, proposto da
Ilva S.p.A. in Amministrazione Straordinaria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Raffaele Cassano, Marcello Clarich, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pietro Quinto in Lecce, via Giuseppe Garibaldi 43;
contro
Comune di Taranto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco Saverio Marini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Sindaco del Comune di Taranto, Quale Ufficiale del Governo, Sindaco Pro Tempore di Taranto non costituiti in giudizio;
nei confronti
Agenzia Regionale per la Prevenzione e La Protezione dell’Ambiente per la Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Laura Marasco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Arpa Puglia – Dipartimento Ambientale Provinciale – Taranto, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Arcelormittal Italia S.p.A. non costituiti in giudizio;
Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale, Ufficio Territoriale del Governo di Taranto, Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, piazza S. Oronzo;
e con l’intervento di
ad opponendum:
Codacons (Coordinamento delle Associazioni A Tutela dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano, Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C/O Codacons Rienzi Carlo in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 393 del 2020:
per quanto riguarda il ricorso principale depositato il 23/07/2020:
– dell’Ordinanza contingibile e urgente n. 15 del 27 febbraio 2020 adottata dal Sindaco di Taranto avente ad oggetto “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – Ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente, di sospensione delle attività”;
nonché, ove occorra:
– della nota prot. n. 67080 del 23 settembre 2019 di ARPA Puglia – Dipartimento Ambientale Provinciale – Taranto;
– delle nota prot. n. 28932 del 23 febbraio 2020 del Comune di Taranto;
– della nota prot. n. 29308 del 24 febbraio 2020 del Comune di Taranto;
– della nota prot. n. 30850 del 26 febbraio 2020 del Comune di Taranto;
– della nota prot. n. 12369 del 24 febbraio 2020 di ARPA Puglia – Dipartimento Ambientale Provinciale – Taranto;
– di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.
per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 01/04/2020 dalla ricorrente:
– della Comunicazione del Sindaco di Taranto prot. n. 173/2020 del 29 marzo 2020, avente ad oggetto “Ordinanza Sindacale n. 15 del 27.02.202 – rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche. Comunicazione”;
– di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso.
quanto al ricorso n. 397 del 2020:
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– dell’ordinanza del Sindaco di Taranto n. 15 del 27 febbraio 2020, avente a oggetto: “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – Ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente di sospensione delle attività”, trasmessa alla ricorrente in pari data a mezzo pec;
– delle note del Comune di Taranto prot. 70759 del 21 maggio 2019, prot. 28932 del 23 febbraio 2020, prot. 29308 del 24 febbraio 2020 e prot. 30850 del 26 febbraio 2020;
– della nota dell’ARPA Puglia n. 12369 del 24 febbraio 2020;
– nonché, di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto,
per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 1\4\2020 :
– dell’ordinanza del Sindaco di Taranto n. 15 del 27 febbraio 2020, avente a oggetto: “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – Ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente di sospensione delle attività”, trasmessa alla ricorrente in pari data a mezzo pec;
– delle note del Comune di Taranto prot. 70759 del 21 maggio 2019, prot. 28932 del 23 febbraio 2020, prot. 29308 del 24 febbraio 2020 e prot. 30850 del 26 febbraio 2020;
– della nota dell’ARPA Puglia n. 12369 del 24 febbraio 2020;
– della comunicazione del Sindaco di Taranto del 29 marzo 2020, avente a oggetto “Ordinanza sindacale n. 15 del 27 febbraio 2020 – Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex Ilva – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – Ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente di sospensione delle attività”, comunicata via pec in pari data e impugnata per la prima volta con il presente atto di motivi aggiunti;
– nonché, di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto, e con riserva di motivi aggiunti..
Visti i ricorsi i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Taranto e di Ministero dell’Interno e di Agenzia Regionale per la Prevenzione e La Protezione Ambientale per la Puglia e di Ufficio Territoriale del Governo di Taranto e di Ispra e di Comune di Taranto e di Agenzia Regionale per la Prevenzione e La Protezione dell’Ambiente per la Puglia e di Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale e di Ufficio Territoriale del Governo di Taranto e di Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2021 il dott. Antonio Pasca e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con separati ricorsi ArcelorMittal Italia S.p.A., quale gestore dello stabilimento siderurgico di Taranto in virtù di contratto d’ affitto con obbligo di acquisto a suo tempo stipulato con ILVA S.p.A. in amministrazione straordinaria, nonché ILVA S.p.A. in A.S., impugnano l’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di Taranto n. 15 del 27 febbraio 2020, avente ad oggetto “Rischio sanitario derivante dalla produzione dello stabilimento siderurgico ex ILVA – Arcelor Mittal di Taranto – emissioni in atmosfera dovute ad anomalie impiantistiche – ordinanza di eliminazione del rischio e, in via conseguente, di sospensione delle attività”, nonché tutti gli atti ad essa presupposti, ivi compresa la nota di ARPA Puglia prot. 12369 del 24.2.2020.
In particolare, nel ricorso 393/20, Arcelor Mittal deduce i seguenti motivi di censura:
1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D. Lgs 267/2000 e difetto dei presupposti per l’adozione dei provvedimenti contingibili e urgenti; violazione e falsa applicazione del D. Lgs 155/2010 e degli articoli 29 quater e 29 decies del D. Lgs 152/06; violazione Legge Regionale n. 32/2018 e della DGR. 805/2019; nonché eccesso di potere per travisamento in fatto e in diritto, carenza istruttoria e di motivazione, violazione del principio di proporzionalità e del principio di precauzione; incompetenza assoluta e straripamento di potere;
2. Eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione del principio di proporzionalità sotto altro profilo.
La ricorrente ILVA s.p.a. in amministrazione straordinaria, nell’ambito del ricorso 397/2020, deduce i seguenti motivi di censura:
1/a. Carenza di potere o, in subordine, difetto dei presupposti normativi per l’esercizio del potere di urgenza da parte del sindaco, difetto di attribuzione o, in subordine, incompetenza; in via ulteriormente subordinata, violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 54 del D. Lgs 267/2000 e degli articoli 29 quater e 29 decies del D. Lgs 152/06, nonché degli artt. 216 – 217 R.D. n. 1265/34, 9 ss del D. Lgs 155/2010, 5ss della Legge Regionale n. 32/2018 e della DGR. 805/2019; eccesso di potere per violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, per sviamento, per contraddittorietà, travisamento in fatto e diritto, illogicità e irragionevolezza;
2/a. Difetto di legittimazione passiva della ILVA s.p.a. in a.s., violazione artt. 1 ss del Dl 191/2015 e del DPCM 29.9.2017, nonché eccesso di potere sotto altro profilo;
3/a. Difetto dei presupposti di urgenza, imprevedibilità e straordinarietà per l’esercizio del potere contingibile; violazione e falsa applicazione delle norme di legge sopra richiamate e del principio di proporzionalità; nonché eccesso di potere per sviamento, contraddittorietà, erronea presupposizione, illogicità;
4/a. Violazione di Legge e dei principi di precauzione e di proporzionalità, nonché eccesso di potere per illogicità e difetto di istruttoria e di motivazione, in relazione alla irrilevanza degli eventi emissivi rappresentati nell’ordinanza sindacale impugnata;
5/a. Violazione del principio di proporzionalità ed eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione in relazione ai previsti termini temporali e alle modalità di esecuzione del provvedimento impugnato.
In data 29 marzo 2020, giorno successivo alla scadenza del primo termine assegnato dall’ordinanza sindacale impugnata per l’individuazione degli impianti interessati dai fenomeni emissivi, eliminando le eventuali criticità o anomalie, è intervenuta la nota sindacale prot. 173/2020, con cui premessa la scadenza del predetto termine di trenta giorni, senza che sia “pervenuta in merito alcuna comunicazione o informazione da parte del Gestore e della Struttura Commissariale in a.s., oltre che dalla competente autorità e dagli organi di controllo”, ha comunicato l’inizio del decorso dell’ulteriore termine di trenta giorni per l’avvio delle operazioni di fermata dell’area a caldo e degli impianti connessi.
Avverso tale nota Arcelor Mittal s.p.a. e ILVA s.p.a. in a.s. propongono motivi aggiunti deducendo illegittimità in via derivata, nonché illegittimità propria.
In particolare, nel ricorso 393/2020 Arcelor Mittal deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90, nonché eccesso di potere per travisamento di fatto, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione, nonché illogicità manifesta, in relazione alla circostanza che erroneamente il Sindaco avrebbe ritenuto sussistere un inadempimento partecipativo in merito alla richiesta di accertamento di eventuali anomalie e criticità degli impianti, avendo viceversa Arcelor Mittal già in data 22 marzo 2020 trasmesso al Ministero dell’Ambiente e al Sindaco di Taranto una nota-relazione con la quale si escludeva in radice la riconducibilità degli eventi odorigeni ed emissivi indicati nell’ordinanza impugnata, nonché l’irrilevanza dei risalenti eventi occorsi al camino E312, i quali comunque non avevano integrato alcuna violazione dell’AIA.
La predetta ricorrente evidenzia altresì come la nota oggetto di impugnazione coi motivi aggiunti avesse del tutto ignorato l’intervenuta proposizione di ricorso giurisdizionale, anche da parte di ILVA s.p.a., e della relativa istanza cautelare.
La ricorrente afferma in sostanza la non riconducibilità degli eventi e delle emissioni allo stabilimento siderurgico, rinviando in proposito alla relazione tecnica a firma della Prof.ssa Zanetti del Politecnico di Torino, depositata in atti 27 marzo 2020.
La ricorrente infine deduce eccesso di potere sotto vari profili con riferimento al prescritto termine di soli trenta giorni per lo spegnimento dell’area a caldo, essendo viceversa necessario un termine di almeno due mesi in ragione della complessità delle attività necessarie per lo spegnimento dell’area a caldo nonché al fine di preservare l’integrità e la funzionalità degli impianti, ritendendosi in proposito necessario il previo completamento di una procedura di modifica sostanziale della AIA, procedimento che richiederebbe – per la sola fase istruttoria – un ulteriore termine di 150 giorni.
Nel ricorso 397/2020 ILVA s.p.a., oltre ai profili di illegittimità in via derivata già dedotti nel ricorso originario, deduce parimenti l’assoluta inadeguatezza del termine di 30 giorni per l’esecuzione delle operazioni di fermo per l’area a caldo, in relazione all’esigenza di salvaguardare l’integrità degli impianti e di adottare adeguate misure di sicurezza per l’ambiente, essendo necessario in proposito predisporre un concordato cronoprogramma delle attività esecutive necessarie connesse allo spegnimento degli impianti dell’area a caldo.
Con istanze del 31.3.2020 l’Associazione Giustizia per Taranto, in persona del legale rappresentante p.t., ha richiesto di essere autorizzata all’accesso ai fascicoli telematici rg. 393/20 e 397/20, allegando documentazione giustificativa; con decreti presidenziali 3/2020 e 4/2020 è stata fissata per la trattazione la Camera di Consiglio dell’8 aprile 2020 e, con successive ordinanze n. 441/2020 e 442/2020 è stato autorizzato l’accesso ai fascicoli.
Con i ricorsi introduttivi dei due giudizi sia Arcelor Mittal, sia Ilva S.p.A. hanno richiesto tutela cautelare ex art. 55 cpa;
Con il ricorso per motivi aggiunti Arcelor Mittal ha richiesto altresì provvedimento cautelare monocratico con riferimento all’impugnata nota sindacale prot. 173/2020 del 29.3.2020; tale istanza di cautela monocratica è stata respinta giusta decreto presidenziale n. 201/2020 del 3 aprile 2020, la cui motivazione di seguito si trascrive:
“Rilevato che con il ricorso principale è stata impugnata l’Ordinanza contingibile e urgente n. 15 del 27 febbraio 2020 adottata dal Sindaco di Taranto, con cui si dispone che la ricorrente provveda entro 30 giorni alla individuazione delle criticità ivi indicate ed alla loro eliminazione, prescrivendosi – in difetto – che entro i successivi 30 giorni si proceda – laddove necessario – alla sospensione delle attività ricollegabili agli impianti asseritamente fonte delle immissioni e del conseguente rischio sanitario per la popolazione, con i tempi tecnici necessari a garantirne la sicurezza;
Rilevato che con il ricorso principale è stata avanzata istanza cautelare ordinaria, ai sensi dell’art. 55 c.p.a. e dell’art. 84 del D.L., la quale – in ragione della necessaria osservanza dei termini minimi previsti dal combinato disposto di cui agli artt. 55 c.p.a. e 84 D.L.n.18/2020, non potrà essere trattata nella forma del decreto ex art. 56 c.p.a. prima della data del 15 aprile 2020;
Rilevato che con il ricorso per motivi aggiunti, depositato in data 01/04/2020 (alle ore 12.50), la parte ricorrente ha impugnato la Comunicazione del Sindaco di Taranto prot. n. 173/2020 del 29 marzo 2020, con cui si rammenta che il decorso del termine degli ulteriori trenta giorni fissato con la presupposta ordinanza (provvedimento contingibile ed urgente oggetto di impugnazione con il ricorso principale) e finalizzato – ove necessario – alla sospensione delle attività ricollegabili agli impianti ritenuti causa del pericolo di danno sanitario decorre dal 29 marzo 2020;
Rilevato che con il predetto ricorso per motivi aggiunti la parte ricorrente ha proposto – in aggiunta all’istanza cautelare ordinaria ex art. 55 c.p.a. – anche istanza di cautela monocratica ex art. 56 c.p.a., al fine di ottenere in via interinale la sospensione dell’atto ivi impugnato;
Considerato che l’istanza ex art. 56 c.p.a. non può trovare accoglimento, atteso che risulta proposta nei confronti della comunicazione sindacale del 29 marzo, oggetto di impugnazione con i motivi aggiunti, atto di mera comunicazione e che non ha natura provvedimentale;
Considerato che pertanto l’atto impugnato con i motivi aggiunti risulta del tutto privo di profili di autonoma lesività, atteso che gli aspetti lesivi prospettati dalla ricorrente si riconnettono esclusivamente all’ ordinanza sindacale n.15/2020 impugnata con il ricorso principale;
Considerato che l’istanza di provvedimento cautelare monocratico e l’impugnazione contenuta nei motivi aggiunti non può ritenersi esteso anche all’ordinanza sindacale in virtù del generico riferimento all’impugnazione “ di ogni altro atto preordinato, conseguente e comunque connesso”, sia perché tale espressione – per pacifica giurisprudenza – costituisce mera e tralaticia formula di stile, sia perchè il ricorrente ha l’onere di puntualmente individuare il provvedimento lesivo, attesa la necessità del rispetto del principio di corrispondenza/correlazione tra il chiesto e il pronunciato, sia infine perché – a fugare ogni dubbio – soccorre la chiara specificazione della domanda di cautela monocratica, che viene espressamente diretta nei confronti della comunicazione sindacale del 29 marzo (la quale, del resto, costituisce l’unico atto impugnato in sede di motivi aggiunti);
Considerato peraltro che il termine dei trenta giorni a far data dal 29 marzo 2020, al cui decorso la parte ricorrente riconnette il verificarsi del pregiudizio economico lamentato, verrà a scadenza in data 27 aprile 2020 e che, quindi, la trattazione dell’istanza cautelare potrà essere delibata nella sua naturale sede collegiale per la camera di consiglio di trattazione che si fissa per l’udienza camerale del 22 aprile 2020, senza necessità alcuna del ricorso al rimedio cautelare monocratico”.
Con successive ordinanze n. 318/2020 e 319/2020 del 24 aprile 2020 il Collegio ha disposto incombenti istruttori ed ha accolto l’istanza cautelare in via interinale nelle more del perfezionamento dell’attività istruttoria, statuendo in particolare:
“Ritenuto che, ai fini del decidere, è necessario disporre l’acquisizione di ulteriore documentazione, ipotesi – allo stato – ritenuta sufficiente e con riserva – in caso contrario – di disporre ulteriori e più articolati mezzi istruttori;
Considerato che il provvedimento impugnato con il ricorso principale, pur inscrivendosi nel novero dei numerosi precedenti tentativi colti a contenere una situazione di grave e conclamata criticità sanitaria, si supporta sul piano fattuale a specifici accadimenti, che hanno determinato notevole allarme sociale, quali le emissioni in atmosfera relative al camino E-312 rilevate nei giorni 5, 17, 18 e 19 agosto 2019 e le sempre più frequenti emissioni “odorigene” oggetto di varie denunce e segnalazioni rivolte alle autorità locali da cittadini residenti in particolare percepite dai rioni Tamburi e Borgo-Città Vecchia;
Rilevato che l’impugnato provvedimento risulta adottato in dichiarata attuazione del principio di precauzione di derivazione euro-unionale e recepito con il D.L. 152/2006;
Considerato che le note ISS (prot. 11408 dell’8/4/2019) e ASL Taranto (prot. 65022 dell’8/4/2019) (sulla base delle precedenti relazioni sulla valutazione del danno sanitario redatte da ARPA-Puglia, da ARES e dalla ASL di Taranto), evidenziano un incremento del tasso di morbilità sul territorio, con elevatissima frequenza percentuale di patologie oncologiche sempre più diffuse anche in soggetti in età pediatrica;
Considerato che l’ordinanza contingibile e urgente del 27/2/2020 risulta articolata in due distinte parti dispositive:
una prima parte, anzitutto preordinata a realizzare una più ampia indagine sull’efficienza degli impianti al fine di individuarne eventuali criticità gestionali o manutentive, indagine della quale si onerava il gestore Arcelor-Mittal, in un contesto di leale collaborazione;
una seconda parte invece di natura sanzionatoria, disponendosi il fermo delle attività: a) per l’ ipotesi in cui, pur essendo state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie, non si siano eliminate le criticità; b) per l’ipotesi in cui non siano state affatto individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie, disponendo in tal caso il fermo dei seguenti impianti: altiforni, cokerie, agglomerazione, acciaierie; ma fatta salva in entrambe le ipotesi l’esigenza di garantire le condizioni necessarie per la sicurezza degli impianti medesimi, precedendosi all’uopo la possibilità di istanze di proroga del termine assegnato;
Considerato che – a seguito di quanto sopra – ISPRA (in collaborazione con ARPA-Puglia) ha effettuato sopralluoghi e verifiche, il cui esito è sintetizzato nella relazione in data 20 marzo 2020, depositata in atti, dalla quale si evince che non risulterebbero nel periodo di riferimento superamenti dei parametri di emissioni contenuti nelle prescrizioni AIA del 29 settembre 2017, richiedendosi tuttavia alcune ulteriori verifiche e imponendosi altresì al gestore le prescrizioni tecniche ivi indicate;
Considerato che le emissioni anomale rilevate nell’agosto 2019 sul camino E312 (episodio ammesso dalla stessa ricorrente e confermato altresì anche in sede di relazione ISPRA del 20 marzo 2020) hanno dato luogo alla nota del MATTM prot. 22914 del 15 aprile 2020, recante diffida (ex art. 29- decies comma 9 Cod. Ambiente) al gestore in relazione alla inadeguata manutenzione dei dispositivi di depolverizzazione delle emissioni;
Considerato che, relativamente ai profili di merito, la parte ricorrente assume la piena conformità delle emissioni inquinanti alle prescrizioni e alle specifiche contenute nell’AIA di cui al DPCM 29/9/2017;
Considerato che – sempre nei limiti della cognizione sommaria – può allo stato prescindersi da ogni valutazione circa la natura novativa e sostituiva ovvero solo modificativa ed integrativa del citato DPCM 29/9/2017 (la cui formazione è scaturita dalla negoziazione delle proposte formulate ex D.L. 191/2015 dal nuovo gestore e dalle conseguenti condivise nuove condizioni di esercizio) rispetto all’originaria AIA del 2014 ovvero anche rispetto alla precedente AIA del 2012;
Considerato che non si ravvisa nell’AIA 29/9/2017 alcun riferimento alla valutazione del danno sanitario, né sembrerebbero coinvolte le autorità deputate alla cura dello specifico interesse pubblico della tutela della salute (non conoscendosi in proposito la composizione del comitato degli esperti cui è stata demandata la predisposizione delle specifiche prescrizioni dell’AIA) ;
Considerato peraltro che – su istanza del Comune di Taranto, il MATTM con D.D: n. 188 del 27/5/2019 ha avviato il procedimento di revisione e modifica dell’AIA, proprio in ragione della divisata esigenza di adeguamento delle misure precauzionali al fine di contenere non solo il danno ambientale, ma anche quello più specificamente sanitario a tutela della popolazione residente sul territorio (e – in particolare – anche con specifico riferimento alla revisione dei parametri di emissioni di inquinanti come il PM10, il naftalene, il PM2,5 ed altri ancora che sembrerebbero peraltro anche esclusi dal monitoraggio in rete);
Considerato che tale determina di avvio del procedimento di revisione dell’AIA è stata peraltro oggetto di impugnazione innanzi a questo Tribunale Amministrativo con ricorso R.G. n. 1207/2019 proposto da Arcelor-Mittal, che – tuttavia – anche in relazione alla natura dell’atto impugnato – non ha avanzato istanza cautelare;
Considerato che appare in proposito opportuno conoscere l’eventuale esito e comunque lo stato del relativo procedimento (per la cui conclusione risulta previsto il termine massimo del 30 giugno 2020);
Considerato che, per quanto sopra evidenziato e sempre nei limiti della cognizione sommaria, deve ritenersi che il rispetto dei parametri di emissioni contenuti nell’AIA (e relativi allegati) non costituisca di per sé garanzia dell’assenza di danno sanitario;
Considerato inoltre che l’AIA 2017 prevede, oltre ad una serie di interventi di modifica sull’impiantistica finalizzati al contenimento del danno ambientale (da realizzarsi a cura del nuovo gestore nei tempi e nei modi ivi stabiliti) e ad un sistema di monitoraggio costante secondo un sistema di rilevamento in rete delle emissioni, anche il deposito da parte del gestore – entro il 30 aprile di ogni anno – di una relazione annuale di esercizio;
Considerato infine che appare necessario accertare altresì se l’esercizio dell’attività produttiva di cui trattasi, sia con riferimento alla produzione in senso stretto, sia con riferimento alle attività connesse e strumentali (acquisizione e trattamento materie prime e fonti energetiche, smaltimento e trattamento rifiuti speciali, trattamento acque reflue, ecc.) comporti o meno l’immissione in atmosfera di sostanze inquinanti delle quali non sia previsto il monitoraggio e quali siano dette sostanze e se esse siano o meno ricollegabili sul piano causale o concausale agli episodi da cui è originato l’impugnato provvedimento sindacale;
Considerato che appare certamente opportuno nelle more della decisione cautelare preservare la situazione in essere, in relazione all’esigenza di salvaguardare – da un lato – la sicurezza degli impianti dello stabilimento ex- ILVA e – dall’altro – il livello occupazionale che risulta necessariamente correlato alla piena funzionalità degli impianti produttivi;
Conseguentemente, con le citate ordinanze è stata accolta l’istanza cautelare fino alla camera di consiglio del 7 ottobre 2020, disponendo in particolare:
“sospesa e riservata ogni decisione sul rito, nel merito e sulle spese, ordina al Ministero dell’Ambiente (M.A.T.T.M.) di depositare presso la segreteria di questo Tribunale Amministrativo ed entro il termine di giorni 90 dalla data di notificazione o comunicazione del presente provvedimento una relazione a firma del responsabile del procedimento, corredata della documentazione di riferimento, da cui si evinca: a) se il procedimento di revisione dell’AIA 2017 avviato con D.D. 188/2019 sia stato o meno concluso ovvero quale sia lo stato del medesimo; b) se l’AIA di cui al DPCM 29/9/2017 risulti o meno supportata anche in via indiretta (ad esempio attraverso la documentata partecipazione al comitato degli esperti anche di specifiche professionalità nel campo della tutela della salute, come rappresentanti del I.S.S.) da una valutazione del danno sanitario e, in caso affermativo, con quale metodologia esso sia stato calcolato, anche in relazione al principio di precauzione;
ordina altresì al Ministero dell’Ambiente (M.A.T.T.M.) di depositare presso la segreteria di questo Tribunale Amministrativo ed entro il termine di giorni 90 dalla data di notificazione o comunicazione del presente provvedimento copia delle relazioni di esercizio degli anni 2019 e 2020 (che il gestore è tenuto a depositare presso il MATTM entro il 30 aprile di ogni anno), anche – ove ritenuto opportuno – a mezzo stralcio e per la sola parte relativa agli episodi di difettoso funzionamento degli impianti (in particolare sugli episodi presi in esame nel provvedimento impugnato);
ordina all’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) di depositare presso la segreteria di questo Tribunale Amministrativo ed entro il termine di giorni 90 dalla data di notificazione o comunicazione del presente provvedimento una relazione a firma del responsabile del procedimento, corredata della documentazione di riferimento, da cui si evinca: a) se l’inconveniente occorso al sistema di depolverizzazione sul camino E-312 nell’agosto 2019 e dovuto probabilmente ad una carenza manutentiva sia stato o meno effettivamente risolto e se – al tempo di adozione dell’impugnato provvedimento e ad oggi – possa dunque ritenersi esclusa la probabilità di potenziale pericolo sanitario; b) se l’attività produttiva del complesso industriale di cui trattasi comporti o meno immissioni in atmosfera di sostanze inquinanti diverse da quelle prese in esame negli allegati AIA del 29/9/2017 e quali siano dette sostanze e se possano o meno astrattamente ricollegarsi agli episodi da cui è scaturito l’impugnato provvedimento sindacale; c) se le sostanze di cui al punto precedente risultino o meno escluse dall’attività di rilevamento e monitoraggio in rete; d) se le prescrizioni indicate nella relazione del 20/3/2020 siano state adempiute dal gestore”.
In data 2 ottobre 2020 il Codacons – Coordinamento delle Associazione e dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, in persona del legale rappresentante p.t. ha spiegato intervento ad opponendum nel ricorso rg. 397/2020 proposto da Ilva S.p.a. in A.S..
Le Amministrazione onerate, Ministero dell’Ambiente e ISPRA, hanno prodotto la documentazione richiesta e tutte le parti hanno depositato documentazione e successive memorie difensive.
Nella camera di consiglio del 7 ottobre 2020 tutte le parti concordemente hanno richiesto l’acquisizione agli atti della nota della Direzione Generale per la Tutela del Territorio e del Mare prot. n. 53209 del 9/7/2020 e il collegio con ordinanze n. 629/2020 e 628/2020 ne ha pertanto disposto l’acquisizione entro il termine di 30 gg., rinviando in prosieguo alla Camera di Consiglio del 15 dicembre 2020 e prorogando la tutela cautelare accordata alle ricorrenti fino alla medesima data.
Alla Camera di Consiglio del 15 dicembre 2020, dato atto dell’intervenuto deposito della ulteriore documentazione, il Collegio, “Considerato che le questioni sottese alla decisione del ricorso necessitano di adeguato approfondimento e che pertanto appare opportuno – anche nell’ambito di un compiuto bilanciamento degli interessi coinvolti e nel rispetto del pieno esercizio del contraddittorio tra le parti – pervenire alla definizione nel merito con una sollecita fissazione dell’udienza di trattazione;
Considerato che le parti – come risulta dalle dichiarazioni a verbale – hanno concordemente espresso il consenso alla proposta sollecita definizione del giudizio nel merito, chiedendo congiuntamente disporsi l’abbreviazione dei termini ove occorra e dichiarando comunque tutti di espressamente rinunciare ai termini a difesa al fine di consentire la trattazione all’udienza pubblica del 27 gennaio 2021;
Considerato che appare opportuno salvaguardare la situazione in essere al fine di pervenire alla decisone di merito re adhuc integra;”, ha fissato udienza per la trattazione del merito per la data del 27 gennaio 2021, previa abbreviazione dei termini processuali fino alla metà, concedendo alle ricorrenti tutela cautelare “fino alla data di pubblicazione del provvedimento che sarà adottato dal collegio a seguito dell’udienza del 27 gennaio 2021”.
Le parti hanno prodotto memorie conclusive e memorie di replica.
Alla udienza del 27 gennaio 2021, in esito alla orale discussione, svoltasi mediante collegamento da remoto, i ricorsi sono stati introitati per la decisione.
DIRITTO
Rileva il Collegio che i ricorsi introduttivi proposti da ArcelorMittal (393/20) e da ILVA s.p.a. in A.S. (397/20) sono infondati e che i ricorsi per motivi aggiunti proposti da ArcelorMittal (393/20) e da ILVA s.p.a. in A.S. (397/20) sono inammissibili, oltre che infondati e che, pertanto, i ricorsi in questione, così come integrati dai rispettivi motivi aggiunti, vanno complessivamente respinti.
I QUESTIONI PRELIMINARI.
1.Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi nn. 393/2020 e 397/2020, in ragione della evidente loro connessione oggettiva e soggettiva.
2.Sempre in via preliminare va disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla difesa di Ilva S.p.A., in quanto la predetta società non solo è la proprietaria dell’impianto siderurgico in questione (del quale ArcelorMittal risulta gestore a far data da giugno 2017 in virtù di contratto d’affitto con obbligo di acquisto), ma è anche il soggetto responsabile, titolare dei poteri di vigilanza, anche con specifico riferimento all’attuazione delle misure precauzionali e ambientali.
3.Risulta fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero dell’Interno e dalla Prefettura di Taranto a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, in quanto dette Pubbliche Amministrazioni – a prescindere dalla riconducibilità del potere contingibile esercitato dal Sindaco di Taranto all’art. 50 ovvero all’art. 54 T.U.E.L. – risultano del tutto estranee rispetto alla vicenda in esame, in conformità al consolidato orientamento espresso in proposito dalla giurisprudenza; ne va disposta pertanto l’estromissione del giudizio, con compensazione di spese.
4.Non è viceversa condivisa dal Collegio l’eccezione di difetto di legittimazione passiva e/o di inammissibilità “relativa” del ricorso sollevata dalla difesa di A.R.P.A. Puglia, atteso che – ferma restando la posizione istituzionale di A.R.P.A. come organo neutrale di consulenza e di supporto all’attività di amministrazione attiva – gli atti istruttori e le relazioni dalla stessa formati risultano presupposti rispetto al provvedimento finale costituito dalla impugnata ordinanza sindacale n. 15/2020, dalla la quale e, quindi, in via indiretta, mutuano il profilo della lesività.
5.Ritiene il Collegio pienamente sussistere la legittimazione di Codacons a spiegare atto di intervento ad opponendum nel ricorso 397/2020, attesa la coerenza della presente controversia rispetto alle finalità statutarie (art. 2 dello Statuto) e trattandosi di associazione ambientalista riconosciuta; deve dunque ritenersi ammissibile l’intervento ad opponendum.
6.Ritiene il Collegio inammissibile, anche sotto il profilo dell’interesse, l’eccezione sollevata dalla difesa di ArcelorMittal in sede di odierna discussione, con cui si deduce che non sarebbe stata depositata nel ricorso 393/2020 la relazione tecnica redatta per conto di ILVA, bensì unicamente la relazione tecnica di replica prodotta da A.R.E.S.S., atteso che – da un lato – l’inutilizzabilità processuale della relazione ILVA limitatamente al ricorso 393/2020 non determinerebbe alcuna utilità o vantaggio processuale per ArcelorMittal e – dall’altro – in considerazione della posizione di co-interesse di AMI rispetto a quella di ex ILVA in A.S..
7.Il Collegio ritiene infondata l’eccezione sollevata da ARPA Puglia con cui si assume la tardività del deposito del documento n. 23 dell’11.1.2021 da parte di ILVA in A.S. nel giudizio 397/2020, anche in considerazione della dichiarazione di rinuncia ai termini resa a verbale nella camera di consiglio del 15.12.2020 da tutti i difensori delle parti.
II/A- PROVVEDIMENTI IMPUGNATI. ORDINANZA SINDACALE 15/2020.
Appare opportuno esaminare anzitutto il provvedimento impugnato con i ricorsi introduttivi dei due giudizi.
Con l’ordinanza n. 15 del 27.2.2020 il Sindaco di Taranto, nell’esercizio dei poteri conferitagli dagli artt. 50 e 54 T.U.E.L. ed al fine di porre rimedio ad una situazione di grave rischio sanitario per la popolazione, desumibile peraltro da taluni specifici accadimenti emissivi che avevano determinato notevole allarme sociale, richiamandosi al principio di precauzione, ha ordinato alle ricorrenti, ciascuna per quanto di sua competenza, di individuare gli impianti interessati dai fenomeni emissivi e di eliminare gli eventuali elementi di criticità e le relativi anomalie.
In particolare l’impugnato provvedimento sindacale muove dalle seguenti premesse:
– con nota del 04/09/2019, acquisita al prot. n. 115229 del 05/09/2019, l’ARPA Puglia – DAP di Taranto relazionava circa gli eventi in questione evidenziando “l’importanza che i tempi di attuazione dei lavori di installazione dei filtri a manica al camino E312 dell’agglomerato dello stabilimento siderurgico, lavori autorizzati con Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 219 del 26/0712019 vengano non solo rispettati, ma anticipati e completati nel più breve tempo possibile anche alfine del conseguimento del nuovo limite emissivo al camino E312 pari a 0.1 ng 1-TE/Nmc di PCDD/Fs”;
– con nota del 09/09/2019, acquisita al prot. n. 117136 del 09/09/2019, il Dipartimento di Prevenzione dell’ASL di Taranto – SPESAL, rilevate le suddette criticità concordava “sulla necessità di accelerare i tempi di attuazione dei lavori di installazione dei filtri a manica al Camino E312, di cui al Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 219 del 26/07/2019”;
– con nota prot. n. 67080 del 23/09/2019 ARPA Pug1ia, nell’evidenziare la necessità di accelerare i tempi di attuazione di installazione dei filtri a manica al camino E312, già autorizzati con Decreto MAATM nr. 219 del 26/07/2019, relazionava in ordine alle anomalie riscontrate e in particolare segnalava:
1. Superamento del valore limite di emissione oraria per il parametro al camino E312;
2. Definizione del minimo tecnico e assegnazione degli “stati impianto”;
3. Conformità dello SME alia UNI EN 14181;
4. Procedura di calcolo dei flussi di massa di polveri al camino E312;
5. DM n. 219 del26/07/2019 – Prescrizione n. 55-57;
6. Caratteristiche materie prime utilizzate nell’impianto AGL;
7. Efficienza del sistema di abbattimento;
8. Polveri elettrofiltro;
– con nota prot. DVA 24530 del27/09/2019, il MATTM, nel riscontrare la citata nota ARPA
n. 67080, chiedeva ad “ISPRA di relazionare in merito;
– con nota prot. n. 129382 del 3/10/2019, il Comune di Taranto rappresentava al MATTM le proprie preoccupazioni e l’allarme sociale connesso al rischio sanitario e al pericolo del ripetersi degli eventi emissivi, chiedendo di conoscere l’esito delle valutazioni in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti di cui all’art. 29 decies comma 10 del D.Lgs. citato;
– con nota prot. 2019/58817 del11/10/2019 ISPRA rappresentava che gli eventi emissivi segnalati, relativi al sistema di depolverazione del camino E-312 sembrerebbero dovuti a problematiche di tipo gestionale relative al sistema di depolverazione primario del Camino E312, preannunciando di avviare proprie analisi e di richiedere informazioni al Gestore, evidenziando di non avere competenza in materia sanitaria;
– con nota di sollecito prot. 140092 del 23/10/2019 il Comune tornava a rappresentare l’attualità e la persistenza delle problematiche emissive, sollecitando 1’Autorita Competente ad un riscontro alla nota prot. 129382 del 03/10/2019;
– con nota DVA 27936 del 23/10/2019, Il MATTM riscontrava la suindicata nota del Comune, assumendo tuttavia che “i valori orari rilevati non costituiscono superamenti del valore limite di emissione stabilito nell’autorizzazione integrata ambientale” ed invitando ISPRA a relazionare in merito.
Quanto sopra premesso, il Sindaco di Taranto, non avendo avuto notizia degli esiti di tali richieste né da parte del MATTM, né da parte di ISPRA e stante il ripetersi con sempre maggiore frequenza degli eventi emissivi, (“come da ultimo segnalato all’Autorità Competente in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale, ossia la DVA del MATIM, dal Sindaco di Taranto con note prot. n. 28932 del 23.02.2020, prot. n. 29308 del 24.02.2020 e da ultimo con nota prot. n. 30850 del 26.02.2020, prive di riscontro”), fortemente percepiti da parte dei residenti, in particolare nei quartieri Tamburi, Borgo-Città Vecchia e che hanno determinato notevole allarme sociale, dando luogo a numerose segnalazioni, ha adottato l’impugnata ordinanza contingibile e urgente ex art. 50 TUEL, ordinando in particolare distintamente per le differenti ipotesi:
-“qualora siano state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie e non siano state risolte le criticità riscontrate di cui in premessa: di avviare e portare a completamento le procedure di sospensione/fermata delle attività nei tempi tecnici strettamente necessari a garantirne la sicurezza e, comunque non oltre ulteriori 60 gg. dalla presente, degli impianti come sopra individuati”, ”, procedendo, laddove necessario per finalità legate a ragioni di sicurezza alla sospensione/fermata delle attività inerenti gli impianti funzionalmente connessi agli impianti di cui sopra;
-“qualora non siano state individuate le sezioni di impianto oggetto di anomalie e quindi non siano state risolte le criticità di cui in premessa: avviare e portare a completamento, nei tempi tecnici strettamente necessari a garantirne la sicurezza, e comunque non oltre 60 gg, dal presente provvedimento, le procedure di fermata dei seguenti impianti: Altiforni, Cokerie, Agglomerazione, Acciaierie”, procedendo, laddove necessario per finalità legate a ragioni di sicurezza, alla sospensione /fermata delle attività inerenti gli impianti funzionalmente connessi.
L’impugnata ordinanza trae spunto, quindi, sul piano fattuale dagli eventi di emissioni anomale verificatisi nei giorni 5, 17, 18 e 19 agosto 2019 e relative al camino denominato E312, nonché dagli eventi emissivi odorigeni verificatisi tra il 20 e il 23 febbraio 2020.
Relativamente a tali episodi l’impugnato provvedimento sindacale si avvale su piano istruttorio delle note di ARPA Puglia del 4.9.2019 e del 23.9.2019 (prot. 67080), nonché della nota di ASL Taranto – SPESAL – del 9.9.2019, nelle quali si evidenziano varie criticità gestionali e anomalie tecniche, in particolare con riferimento al superamento dei livelli di emissioni su base oraria relative al camino E312, alla procedura di assegnazione degli stati di impianto, alle procedure di controllo delle polveri al camino E312, al sistema di filtraggio e al sistema di abbattimento delle polveri, evidenziandosi altresì comunque la necessità di anticipazione dei lavori di installazione dei filtri a manica rispetto ai tempi previsti nel decreto M.A.T.T.M.219/2019.
A fronte di tali qualificate valutazioni, il Ministero dell’Ambiente, con nota 27936 del 23.10.2019, ha invece rappresentato la piena conformità rispetto alla media giornaliera prevista dall’AIA dei valori emissivi anomali rilevati invece da ARPA su base oraria.
Rileva in proposito il Collegio che, alla stregua della documentazione in atti, il dato storico costituito dagli eventi emissivi sopraindicati e dal loro ripetersi con sempre maggiore frequenza non può essere messo in discussione, così come il segnalato allarme sociale parimenti evidenziato nelle premesse dell’ordinanza sindacale impugnata, ove si legge: “tali emissioni, percepite in città e oggetto di numerose segnalazioni, hanno procurato un forte odore diffuso in particolari nei quartieri Tamburi, Borgo-Città vecchia”, nonché: “…le attuali e persistenti criticità di carattere emissivo, non escludono possibili conseguenze di natura sanitaria e producono sempre più insistentemente situazioni di estremo disagio sociale, oltre che diffusa preoccupazione ed esasperazione della popolazione che vede minacciata la propria salute specie delle fasce più deboli”.
A seguito degli episodi emissivi suindicati, il Comune ha immediatamente attivato le rituali comunicazioni alle Autorità preposte.
Con nota prot. n. 12369 del 24.2.2020, acquisita al protocollo comunale al n. 29664 del 25.2.2020, Arpa Puglia ha in proposito riferito “circa la registrazioni di valori di interesse da parte della rete regionale di monitoraggio della Qualità dell’Aria (RRQA), nonché della rete interna allo stabilimento siderurgico (non facente parte della RRQA), relativamente ai parametri SO2 (con picchi superiori agli 850 g/m3 in data 21.2.2020 SISTEMA DOAS di Meteo-Parchi) e H2S (con valori superiori ai 7 g/m3 in data 20.2.2020 presso la centralina Meteo-Parchi nonché delle centraline delle qualità dell’aria di via Archimede-Tamburi e di Via Orsini –Tamburi)”.
Il verificarsi e il ripetersi degli eventi emissivi in questione, peraltro oggetto dell’attività istruttoria disposta dal Collegio, devono dunque ampiamente documentati in atti alla stregua delle note del Comune di Taranto prot. n. 28932 del 23.2.2020, prot. n. 29308 del 24.2.2020, prot. n. 30850 del 26.2.2020; della nota di Arpa Puglia prot. n. 12389 del 24.2.2020; delle molteplici segnalazioni ai Vigili del Fuoco nelle date del 22 febbraio e del 23 febbraio; nonché della nota del predetto comando VV.FF. prot. 2416 del 23.2.2020 indirizzata ad ARPA Puglia e con cui era stata confermata la presenza nell’area di anomali effetti odorigeni di gas, nonché infine la successiva relazione di ARPA Puglia del 24.2.2020 nella quale risultano evidenziati i parametri anomali di SO2 (registrati sia dalla centralina Meteo Parchi della rete interna AMI, sia presso la centralina RRQA di via Machiavelli, evidenziandosi altresì anomale concentrazioni di H2S rilevate da entrambi i sistemi di monitoraggio (Meteo Parchi-AMI e Archimede Tamburi e Orsini Tamburi/RRQA.
L’impugnato provvedimento sindacale si avvale dell’ulteriore supporto istruttorio desumibile dalla relazione VDS – ILVA 2018 di cui alla nota ARPA Puglia 9707 del 12.2.2019.
Alla stregua di quanto sopra il M.A.T.T.M. con D.D. 188/2019 ha avviato il procedimento di riesame dell’AIA.
II/B- PROVVEDIMENTI IMPUGNATI. NOTA SINDACO DI TARANTO PROT. 173/2020
Come già esposto nella parte in fatto, con la nota prot. 173/2020 del 29.3.2020 il Sindaco di Taranto, premessa e richiamata l’ordinanza sindacale n. 15/2020 oggetto di impugnazione, in una con gli atti ad essa presupposti, con il ricorso originario, ha preso atto del sostanziale inadempimento rispetto a quanto richiesto con la predetta ordinanza.
Tale nota è stata impugnata dalle ricorrenti con ricorso con motivi aggiunti, deducendo illegittimità in via derivata dai vizi già dedotti nei confronti dell’ordinanza contingibile e urgente, nonché deducendo – quale vizio proprio – la dichiarazione di presa d’atto dell’inadempimento rispetto all’ordine di individuare le criticità o anomalie e di eliminazione delle stesse entro il termine stabilito.
Con riferimento a tale ultimo profilo le ricorrenti deducono erronea e falsa presupposizione, in quanto con nota, che si assume inviata in data 22 marzo 2020 al Ministero dell’Ambiente e al Sindaco di Taranto, ArcelorMittal afferma di aver dato in tal modo formale riscontro all’ordinanza sindacale sopra indicata.
Rileva in proposito il Collegio che tale nota risulta anzitutto priva di qualsivoglia connotazione provvedimentale e negoziale, costituendo un atto di mera comunicazione di statuizioni già espressamente e dettagliatamente previste nell’ordinanza contingibile e urgente.
Anche con riferimento all’unico profilo di illegittimità propria, ovvero quello connesso ad una presunta mancata considerazione della nota inviata da ArcelorMittal in data 22 marzo 2020, rileva il Collegio che la predetta nota, che la ricorrente assume inviata il 22 marzo 2020, anche a prescindere dalla mancata indicazione della prova di ricevimento da parte del Sindaco di Taranto in un momento antecedente rispetto alla data del 29 marzo, non costituisce in alcun modo riscontro degli adempimenti richiesti con l’ordinanza contingibile e urgente.
Ed invero, come già sopra evidenziato, gli adempimenti richiesti dal Sindaco di Taranto avrebbero richiesto anzitutto – in contesto di doverosa e leale collaborazione – una significativa attività di ulteriore indagine diagnostica sul piano tecnico e sul piano gestionale, preordinata alla individuazione delle criticità, mentre la citata nota di ArcelorMittal del 22 marzo 2020 si limita sostanzialmente ad affermare, in evidente contraddizione (come meglio di seguito si dirà) rispetto all’evidenza storica e ai puntuali riscontri derivanti anche dalla relazione di ARPA Puglia, di non essersi verificate significative anomalie di funzionamento degli impianti nei periodi considerati (e ciò sulla base dei rilevamenti della rete interna) e di ritenere pertanto che gli eventi emissivi indicati non siano attribuibili all’attività dello stabilimento siderurgico.
III – RISCONTRO DELL’ORDINANZA SINDACALE 15/2020 DA PARTE DI AMI
Premesso quanto sopra, rileva il Collegio che l’impugnata ordinanza nella prima parte, ovvero quella con cui si chiede alle società ricorrenti, ciascuna per quanto di sua competenza, di individuare e localizzare le anomalie all’interno degli impianti di produzione e di eliminare le criticità in tal modo individuate, integra una disposizione con cui si pone a carico delle ricorrenti anzitutto un’obbligazione di mezzi, la quale appare prodromica rispetto alla conseguenziale disposizione di eliminare le anomalie riscontrate.
Ciò rende evidente che l’adempimento di tale disposizione avrebbe dovuto comportare anzitutto una attività di analisi sia dal punto di vista tecnico degli impianti e del sistema di controllo e di monitoraggio, sia dal punto di vista di eventuali criticità gestionali.
Non si può dire in proposito che le ricorrenti intimate vi abbiano ottemperato, ponendo in essere la dovuta attività di indagine preliminare.
Non può in tal senso attribuirsi rilevanza alcuna alle affermazioni difensive delle ricorrenti, che assumono di aver riscontrato l’ordinanza sindacale, inviando al Ministero dell’Ambiente e allo Sindaco di Taranto la nota 28/02/2020-2/03/2020.
Ed invero, come risulta dalla semplice lettura di tale documento, ArcelorMittal – in luogo di avviare ulteriori e più approfondite indagini in ambito tecnico e gestionale – si è limitata ad affermare che “la marcia degli impianti non ha mostrato alcuna anomalia riconducibile ai parametri di interesse nei giorni sopraindicati”, evidenziando altresì “in particolare, con riferimento al camino E312, specificamente richiamato nella suddetta ordinanza del sindaco di Taranto le concentrazioni elementari di SO2 rilevate al camino nel mese di febbraio 2020 (ed in particolare nel periodo 20-26 febbraio) non hanno mostrato valori anomali” e che “gli eventi verificatasi nel mese di agosto 2019, ben noti a codesto spettabile Ministero, riguardavano la concentrazione media oraria del solo parametri ‘polveri’ che nulla a che vedere con i parametri H2S e SO2 cui Arpa imputa gli odori molesti recentemente verificatisi”.
ArcelorMittal sottolinea in tale nota che il superamento delle concentrazioni e delle emissioni rilevate nell’agosto del 2019 “non davano luogo ad alcuna violazione AIA”, evidenziando – in sintonia con quanto chiarito dalla nota Ministero Ambiente 27966 del 23.10.2019 – che per il camino E312 il parametro polveri incontra il solo limite di emissione di 25 mg/Nm3 (media giornaliera) di cui alla prescrizione n. 55 dell’AIA 2012, con conseguente irrilevanza del superamento del parametro orario.
Rileva il Collegio che le affermazioni difensive di ArcelorMittal, secondo cui nei giorni 20-26 febbraio non si sarebbe verificata alcuna anomalia degli impianti cui possano ricondursi gli eventi odorigeni, appaiono contraddette anzitutto dalla nota prot. Dir 96/2020 del 26.2.2020 con la quale la stessa ricorrente “porta a conoscenza che nelle prime ore di oggi 26 febbraio 2020 sono stati avvertiti, da una parte del personale dipendente AMI odori presumibilmente legati a gas; le segnalazioni sono pervenute esternamente allo stabilimento in corrispondenza del parcheggio di Direzione e di quello della Portineria A. Una prima analisi dei dati derivanti dalle centraline di monitoraggio della qualità dell’aria della rete AMI, gestita da Arpa Puglia, per il parametro H2S evidenzia i valori più alti nelle postazioni denominate ‘Direzione’ e ‘Portineria C’ poste fisicamente più distanti dai processi produttivi di interesse all’interno dello stabilimento in oltre nelle stesse centraline la direzione del vento risulta avere direzionalità da quadranti meridionali”.
Rileva in proposito il Collegio che, con specifico riferimento al caso Taranto-Ilva una accurata ricerca condotta da ISPRA ha evidenziato anzitutto “la complessità dello scenario emissivo dell’impianto ILVA, caratterizzato da un elevato numero di sorgenti sia di tipo convogliato che di tipo areale, unita alla complessità meteorologica dell’area, che determina l’innescarsi di condizioni meteo diffusive non omogenee e non stazionarie, a causa della presenza delle discontinuità terra-mare, rende necessario l’utilizzo di una modellistica tridimensionale di tipo avanzato in grado, cioè, di riprodurre realisticamente le variazioni spaziali e temporali sia del campo di moto che dei diversi regimi di turbolenza atmosferica”, prevedendosi – proprio a tal fine – nel predetto studio di ISPRA (a cura di Andrea Ranzi, Michele Cordioli e Marco Baldini), di utilizzare come codice tridimensionale di simulazione – per la stima delle deposizioni secca e umida degli inquinanti considerati, interamente veicolati dal particolato PM10 – “un modello di tipo lagrangiano a particelle, perché particolarmente adatto a fornire una ricostruzione accurata della distribuzione spaziale locale degli inquinanti primari….OMISSIS ”, prevedendosi la stima delle deposizioni (secca e umida) degli inquinanti considerati, in quanto interamente veicolati dal particolato PM10.
Il predetto studio, frutto di una meticolosa attività di ricerca, per gli elevati profili tecnici e specialistici, esula ovviamente dall’ambito della presente decisione, nella quale appare tuttavia di interesse al solo fine di evidenziare l’ inadeguatezza sotto tale profilo del monitoraggio effettuato dalla rete ArcelorMittal attraverso rilevatori e centraline di tipo fisso e stazionario interne allo stabilimento, con conseguente relativa inattendibilità delle rilevazioni in tal modo espresse, dovendosi viceversa pervenire a ben diverse conclusioni con riferimento al più articolato sistema di monitoraggio della qualità dell’aria (RRQA), gestito da ARPA attraverso una serie di centraline ubicate in particolare in aree urbane caratterizzate da più rilevante esposizione alle emissioni nocive del siderurgico (Tamburi e Borgo-Città Vecchia).
IV- AIA E DANNO SANITARIO
Occorre in proposito sgombrare il campo da un equivoco che costituisce un leit motiv della linea difensiva delle ricorrenti, nonché oggetto di specifico motivo di ricorso, ovvero dal convincimento che il rispetto dei parametri emissivi previsti in AIA comporti di per sé garanzia della esclusione del rischio o del danno sanitario.
Non condivide pertanto il Collegio il precedente giurisprudenziale TAR Lecce Sez. Prima n. 155/2012, atteso che in tale pronuncia viene scrutinata la legittimità o meno di un’ordinanza sindacale contingibile e urgente a tutela dell’incolumità e della salute dei cittadini e quindi, a tutela di diritti fondamentali, assumendosi tuttavia a parametro di valutazione non già quello tipico del provvedimento contingibile e urgente, bensì il rispetto o meno delle prescrizioni previste dall’AIA e pervenendo in tal modo all’accoglimento del ricorso per il fatto – invero del tutto inconferente alla fattispecie – che l’ordinanza impugnata non avrebbe accertato alcuna specifica violazione delle prescrizioni imposte (AIA 2011).
In tale pronuncia si assume che il provvedimento contingibile e urgente, essendo esclusa la possibilità di rischio sanitario in ragione del mancato superamento delle soglie emissive previste in AIA, non sarebbe diretto a fronteggiare una emergenza sanitaria, ma piuttosto ad imporre modificazioni delle prescrizioni AIA ovvero imporre obblighi non previsti per il gestore.
Occorre anzitutto in proposito ricordare che – come più volte sancito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (CDS 11.2.2019 n. 983; CDS Sez. IV 29.8.2019 n. 5985) – “nell’ambito del procedimento del rilascio dell’AIA in via generale non è obbligatorio procedere alla valutazione sanitaria (prescritta nella sole ipotesi disciplinate dall’art. 9 della L. 221/15) salvo che, in base al principio di precauzione, concrete evidenze istruttorie dimostrino l’insussistenza di un serio pericolo della salute pubblica. Resta ovviamente fermo che, ove l’apporto consultivo dei predetti enti (ndr: ARPA, ASL, ISPRA) venga comunque acquisito, l’autorità procedente è tenuta ad una autonoma valutazione dei pareri resi quantomeno nell’ipotesi in cui intenda discostarsene”.
In particolare, con riferimento al siderurgico di Taranto, la speciale normativa di cui alla citata Legge del 2012 e il DPCM 2017 sostitutivo dell’AIA, come peraltro accertato anche a seguito dell’istruttoria disposta dal Collegio, non prevede alcuna preventiva valutazione sanitaria, bensì un complesso e successivo procedimento articolato in tre step (vedi infra).
Ed invero l’AIA costituisce un atto amministrativo di natura autorizzatoria finalizzato all’esercizio o prosecuzione di attività produttiva, con il quale vengono stabilite le specifiche prescrizioni che delimitano le condizioni di esercizio dell’attività; tali prescrizioni costituiscono “l’esito della confluenza di plurimi contributi tecnici ed amministrativi in un unico procedimento, nel quale, in conformità alla direttiva n. 008/1/CE, devono trovare simultanea applicazione i principi di prevenzione, precauzione, correzione alla fonte, informazione e partecipazione, che caratterizzano l’intero sistema normativo ambientale. Il procedimento che culmina nel rilascio dell’AIA con le sue caratteristiche di partecipazione pubblicità, rappresenta lo strumento attraverso il quale si perviene, nella previsione del legislatore all’individuazione del punto di equilibrio in ordine all’accettabilità e alla gestione dei rischi che derivano dall’attività oggetto della autorizzazione.
Una volta raggiunto tale punto di equilibrio diventa decisiva la verifica dell’efficacia delle prescrizioni: Ciò chiama in causa la funzione di controllo dell’amministrazione, che si avvale dell’ISPRA, con la possibilità che, in caso di accertata inosservanza da parte dei gestori degli impianti, si applichino misure che vanno – come già rilevato sopra – sino alla revoca dell’autorizzazione, con chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida o a fronte di reiterate violazioni che determinino pericolo o danno per l’ambiente.
Le prescrizioni e misure contenute nell’AIA possono rivelarsi inefficaci, sia per responsabilità dei gestori, sia indipendentemente da ogni responsabilità soggettiva. In tal caso trova applicazione la disciplina contenuta nell’art. 20 – octies, co. 4 del codice dell’ambiente, che impone all’amministrazione di aprire il procedimento di riesame” (Corte Costituzionale n. 85/2013).
V- AIA/DPCM DEL SIDERURGICO EX ILVA
Con specifico riferimento al caso dello stabilimento siderurgico di Taranto, dopo il riesame nell’anno 2012 dell’AIA del 2011, a seguito del D.L.207/12, convertito con modificazioni dalla Legge 231/2012, con cui lo stabilimento siderurgico è stato direttamente individuato dalla legge come impianto di interesse strategico nazionale (c.d. Legge- provvedimento, in luogo del DPCM ordinariamente previsto), è intervenuto il nuovo provvedimento AIA 2014 di cui al DPCM 14.3.2014 e, infine, in occasione della cessione della gestione del complesso aziendale alla società AM Invest Co Italy srl (ArcelorMittal), il DPCM 29.9.2.17, recante conferma del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al precedente DPCM 14.3.2014 ma con talune modifiche.
Con il D.P.C.M. del 2017, peraltro, è stata disposta la chiusura di tutti i pregressi atti di diffida adottati ai sensi dell’art. 29 decies co. 9 del D. Lgs 152/06, ovvero quelli relativi ad accertate violazioni delle prescrizioni AIA di cui al DPCM 14.3.2014.
Tali provvedimenti si inseriscono in un quadro normativo decisamente improntato alla tutela dell’interesse economico alla produzione ma in danno delle esigenze di tutela del diritto alla salute della popolazione residente, atteso che peraltro l’attuazione delle prescrizioni stabilite in senso via via migliorativo dai vari provvedimenti autorizzatori susseguitisi nel tempo non sempre è stata oggetto di adeguato controllo da parte delle autorità preposte, quantomeno con riferimento alla tempistica.
In tal senso, ad esempio, non può non stigmatizzarsi il fatto che con il DPCM 2017, all’art. 14, si sia prevista la chiusura formale dei procedimenti scaturenti dagli atti di diffida adottati ex art. 29 decies co. 9 del D. Lgs 152/06 antecedenti al DPCM – AIA del 14.3.2014, apparendo già di per sé inammissibile che reiterate diffide antecedenti l’anno 2014 – e relative evidentemente ad accertate violazioni delle prescrizioni imposte per l’esercizio dell’attività – siano rimaste ineseguite e non sanzionate dal 2014 al 2017, atteso che -in virtù della normativa vigente e in conformità della direttiva comunitaria 2008/1/CE – le violazioni accertate e oggetto di diffida avrebbero dovuto comportare l’applicazione delle misure sanzionatorie previste (sino alla revoca del titolo nei casi di violazioni più gravi).
Con il DPCM 29.9.2017, a conclusione del complesso procedimento di esame e di approvazione del piano presentato da AMI, è stato quindi sostanzialmente confermato ed approvato il piano delle misure di tutela ambientale di cui al precedente DPCM 14.3.2014, con talune modifiche e, in particolare:
1) la limitazione della produzione acciaio a sei milioni tonnellate/anno, in riduzione rispetto alle otto tonnellate/anno autorizzate dalla legge, nelle more della compiuta attuazione degli interventi precauzionali previsti dal piano originario;
2) l’anticipazione dei tempi per la copertura dei parchi minerali (entro e non oltre il 30 settembre 2021 invece che entro il 2023);
3) l’istituzione di un osservatorio permanente per il monitoraggio del piano ambientale con la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti;
4) conferma dei livelli emissivi di cui al DPCM del 2014;
5) cronoprogramma degli interventi dal 2018 al 23 agosto 2023, termine di scadenza dell’AIA;
6) copertura non solo del parco minerale ma anche del parco fossile da realizzarsi entro 36 mesi dal subentro di AMI nella gestione del sito, con apertura del cantiere entro il 30 settembre 2018;
7) copertura di tre parchi minori;
8) messa in sicurezza della falda superficiale delle cokerie per il 31 dicembre 2018, nonché fermata della batteria 11 entro 31 marzo 2020, nonché avvio delle batterie 9 e 10 solo dopo il completamento degli interventi previsti;
9) realizzazioni di interventi ambientali esterni all’area a carico dell’amministrazione straordinaria ed attività di sostegno assistenziale e sociale in favore della popolazione residente nell’area interessata.
VI- ISTANZA DI RIESAME DELL’AIA/DPCM 2017
Come già sopra evidenziato il sindaco di Taranto con istanza prot. 70759 del 21 maggio 2019 in uscita, è tornato a richiedere l’avvio della procedura di riesame dell’AIA di cui al citato DPCM 2017, sulla base degli esiti dell’ultimo “Rapporto Di Valutazione Danno Sanitario (VDS) ai sensi del decreto interministeriale 24 aprile 2013” del dicembre 2018, nonché del “Rapporto di Valutazione Danno Sanitario (VDS) ai sensi della L.R. 21/2012 – scenari emissivi pre-AIA (2010) e post-AIA (2016)”, elaborati da Arpa Puglia, AReSS Puglia e Asl Taranto, che hanno evidenziato un rischio sanitario non accettabile per la popolazione anche all’esito della completa esecuzione degli interventi e delle misure previste dal decreto di riesame dell’AIA 2012, sottolineando la necessità di una riduzione di almeno il 10 percento delle emissioni di benzene e del 30 percento delle emissioni di benzo(a)pirene.
Il Ministero, sussistendo i presupposti di cui all’articolo 29 quater co. 7 del D.Lgs 152/2006 e sulla base dell’art. 29 opties co. 5 del medesimo D.Lgs., ha disposto l’avvio del procedimento di riesame dell’AIA di cui al DPCM 2017, ritenendo evidentemente significativi i rilievi prospettati (ancorché elaborati sulla base di scenari emissivi antecedenti il DPCM 2017), proprio in considerazione che – in disparte le modifiche di cui sopra – con tale DPCM risultavano tuttavia confermati i limiti emissivi previsti dal precedente DPCM del 2014, sempre comunque rapportati alla produzione limitata a sei milioni tonnellate/anno e circoscritti agli inquinati del cd. set minimo; il Direttore Generale veniva quindi indicato responsabile del relativo procedimento.
Sotto altro profilo rileva il Collegio che già con l’art. 8 del DPCM 2017 risultava previsto il riesame dell’AIA relativamente alle centrali termoelettriche interne allo stabilimento ILVA in doverosa ottemperanza a quanto stabilito dalla decisione della Commissione Europea 2017/1442 del 31.7.2017, che impone l’utilizzo delle Migliori Tecniche Disponibili o “BAT”, in conformità della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa ai grandi impianti di combustione n. 210/75/UE, entro il 17 agosto 2021, direttiva espressamente recepita dallo Stato italiano con l’art. 29 opties del D.Lgs. 152/2006.
Tra le prescrizioni BAT75, in particolare con riferimento alle emissioni di polveri sottili, risultava prevista tra l’altro, l’installazione di filtri a manica, i quali – composti di un tessuto poroso e feltrato – sono idonei a trattenere le particelle o polveri sottili portati dalle sostanze gassose.
Dall’istruttoria disposta dal Collegio è emerso che il procedimento di riesame dell’AIA, avviato dal Ministero con D.D 188 del 27.5.2019 su istanza del Comune di Taranto e con termine di conclusione previsto per ill 20 maggio 2020, nonostante l’urgenza dell’adeguamento delle misure precauzionali al fine di contenere il danno sanitario, non risulta ancora definito relativamente alle emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti non ricomprese nell’AIA e non soggette pertanto a monitoraggio (cd. set ordinario); ed invero il Ministero dell’Ambiente, con nota prot. n. 21158 del 25.3.2020, ha disposto:
la conclusione della fase delle valutazioni sanitarie relativamente agli inquinanti già monitorati (set originario) e limitatamente alla produzione di sei milioni di tonnellate annue di acciaio;
la prosecuzione dei lavori (convocazioni e sedute previste per 23.4.2020, 3.6.2020 e 14.7.2020) con riferimento agli inquinanti del c.d. “set integrativo”.
Per inciso, deve rilevarsi che la stessa suindicata determina 188/2019 di avvio del procedimento di modifica dell’AIA è stata peraltro impugnata dinanzi a questo Tribunale da AMI con il ricorso RG 1207/19, privo tuttavia di istanza cautelare, potendosi evincere anche da tale circostanza il comportamento ostruzionistico – e non certo ispirato a leale collaborazione – rispetto alle problematiche ambientali e sanitarie che affliggono l’area interessata dalle emissioni del siderurgico tarantino.
Peraltro, con riferimento alla speciale normativa ILVA di cui al D.L. 207/2012, in ragione della natura di impianto di interesse strategico nazionale, non risulta prevista una valutazione di impatto sanitario, così come ordinariamente prevista nell’ambito della Via, ovvero in chiave preventiva, essendo viceversa prevista unicamente la trasmissione di rapporti VDS solo successivamente al rilascio dell’AIA.
Evidenzia infatti e in proposito il Ministero che il rapporto VDS “non può di per sé indurre modifica delle prescrizioni dell’AIA, autorizzando soltanto la Regione a richiederne un riesame”.
Assume ancora il Ministero che “qualora dalla valutazione di danno sanitario, cosa ad oggi non avvenuta, i soggetti che hanno redatto il piano…potranno attivare la fase di valutazione di secondo livello, nella quale, su precise indicazioni formulate nella fase precedente, si procede a specifiche indagini epidemiologiche e/o stime quantitative dell’esposizione umana a specifichi contaminanti. Questa potrebbe seguire una terza fase di analisi probabilistica del rischio associata ad esposizioni critiche precedentemente evidenziate. Eventuali criticità a manifestate esclusivamente da quest’ultima fase potrebbero legittimare la Regione Puglia a norma di legge a chiedere il riesame delle autorizzazioni ambientali” e ciò a norma del decreto interministeriale Salute Ambiente 24.4.2013.
VII- . ISTANZA DI RIESAME DELL’AIA – MONITORAGGIO DEL SET INTEGRATIVO
Come già evidenziato, uno dei più rilevanti motivi che hanno supportato l’istanza di riesame dell’AIA è rappresentato dall’esigenza di pervenire al monitoraggio degli inquinanti nocivi ulteriori e diversi (set integrativo) rispetto a quelli previsti in AIA e oggetto di monitoraggio (set minimo), riconducibili tuttavia sempre al quadro emissivo legato all’attività del siderurgico.
Come risulta dalla documentazione in atti, a seguito di puntuali accertamenti e di quanto emerso anche nelle diverse sedute del Tavolo tecnico tra MATTM, ISPRA, ARPA e Commissione IPPC, nonché in occasione del Tavolo inter-istituzionale regionale (ARPA, AreSS e ASL Taranto), ARPA Puglia, con nota prot. 45586 del 18.6.2019), ha ancora una volta evidenziato l’esigenza di implementazione dell’attività di monitoraggio con riferimento a tutti gli inquinanti, ivi compresi quelli del set integrativo, in considerazione della Valutazione Danno Sanitario del 2018, in conformità della L.R. 21/2012 e del R.R. 24/2012.
Il VDS relativo all’area di Taranto del 2013 è stato aggiornato nell’anno 2019 (dati aggiornati al 2018), con riferimento agli ulteriori inquinanti connessi all’attività emissiva dello stabilimento, sulla base dei nuovi dati disponibili, ovvero desumibili dalle due reti di rilevamento, nonché dei risultati di specifiche attività di studio e di ricerca, quali Studio Sentieri (aggiornamento 2018), Studio IESIT, VIIAS nell’ambito del progetto “Ambiente e Salute – 2014-2018” finanziato dal Ministero della Salute.
In particolare gli esiti di tali attività di studio e di monitoraggio nell’area tarantina hanno evidenziato il danno sanitario connesso agli inquinanti del set integrativo, ovvero in particolare: rame e mercurio; naftalene; PM10 e PM2,5, sostanze particolarmente nocive e sussumibili per inalazione in diretto rapporto causale con numerose patologie oncologiche, come di seguito più in dettaglio evidenziato nel paragrafo relativo al quadro sanitario epidemiologico.
Il Ministero dell’Ambiente con nota del 25.7.2019 e in conformità da quanto previsto dal D.D. 188/2109 ha avviato il procedimento di riesame dell’AIA, sempre tuttavia con riferimento al solo set minimo sulla base dello scenario emissivo correlato alla produzione di seimila tonnellate all’anno, come si evince altresì dalla successiva nota del MATTM prot. 72920 dell’11.10.2019, nonostante che la stessa ARPA Puglia con nota prot. 63817 del 10.9.2019 avesse ribadito la precedente richiesta di integrazione del monitoraggio con estensione al set integrativo, reiterando tale richiesta ancora con successiva nota ARPA Puglia prot. 77358 del 28.10.2019.
In esito al Tavolo Tecnico, è intervenuto il già citato provvedimento del Ministero dell’Ambiente prot. 21158 del 25.3.2020, con cui si è dichiarata conclusa la fase delle valutazioni sanitarie relative al set minimo, disponendosi ulteriori accertamenti e la prosecuzione dei lavori con riferimento
al monitoraggio del set integrativo, sempre in rapporto ad un livello di produzione pari a 6M/A di acciaio.
Ritiene in proposito il Collegio di dover stigmatizzare il fatto che a distanza di oltre un anno e mezzo dalle richieste di prevedere il monitoraggio di sostanze come naftalene e particolato PM10 e PM2,5 il relativo procedimento non sia stato ancora concluso e che il Ministero ne abbia ulteriormente differito la conclusione, consentendo nel frattempo la prosecuzione dell’attività.
VIII- TUTELA DEL DIRITTO ALLA SALUTE E ATTIVITA INQUINANTI
Con riferimento al rapporto tra tutela del diritto alla salute e attività industriali fonte di emissioni inquinanti e nocive, appare utile richiamare quanto stabilito dalla Corte Costituzionale nella già citata sentenza 85/2013, nella quale la Corte chiarisce che l’aggettivo “fondamentale”, contenuto nell’articolo 32 Costituzione non attribuisce al diritto alla salute carattere in assoluto preminente rispetto ad altri diritti della persona e che la qualificazione dell’ambiente e della salute come “valori primari” (C. Cost. 365/1993) non implica una rigida gerarchia nell’ordine dei diritti fondamentali, atteso che tale gerarchia – e non a caso – non si rinviene nella Costituzione, dovendosi conseguentemente ritenere ammissibile il sacrificio del diritto all’ambiente e alla salute in favore di altri diritti fondamentali, secondo un bilanciamento degli interessi non precostituito, ma da valutarsi caso per caso dal legislatore in concreto e secondo criteri di proporzionalità e ragionevolezza, tali tuttavia da non determinare un sacrificio del loro nucleo essenziale (C. Cost. 85/2013).
Deve in proposito considerarsi, fermo restando il fatto che – in termini astratti e generali – il diritto alla salute sia logicamente prevalente su tutti gli altri, che il bilanciamento dei diritti antagonisti deve essere rapportato anche alla entità del sacrificio imposto all’interesse soccombente rispetto al vantaggio correlativamente derivante all’interesse ritenuto prevalente.
In conseguenza di quanto sopra deve ritenersi ammissibile e compatibile con i principi costituzionali una compressione entro limiti ragionevoli del diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico.
La Corte ha tuttavia precisato che tale bilanciamento in concreto deve necessariamente incontrare, rispetto al diritto alla salute, un ragionevole limite, limite che nel caso del siderurgico di Taranto risulta invece macroscopicamente violato, come di seguito evidenziato.
IX- ESITI DELL’ISTRUTTORIA (ORDINANZE 318/2020 e 319/2020)
A seguito dell’istruttoria disposta dal Collegio sono stati acquisiti alcuni dati che appaiono significativi ai fini della decisione.
Nella relazione depositata da ISPRA si evince:
-Con riferimento al quesito a) – ovvero se l’inconveniente occorso al sistema di polverizzazione sul camino E-312 nell’agosto, dovuto probabilmente ad una carenza manutentiva, sia stato o meno effettivamente risolto e se – al tempo di adozione dell’impugnato provvedimento potesse ritenersi esclusa la probabilità di potenziale pericolo / danno sanitario connesso al ripetersi di analoghi eventi emissivi – ISPRA ha escluso l’ascrivibilità degli eventi ad una carenza manutentiva, intesa come causa originaria, dovendosi viceversa ascriversi ad una carenza procedurale del SGA, con negative ricadute sotto il profilo della manutenzione.
Dalla predetta relazione emerge che, secondo il gestore ArcelorMittal, i valori anomali di emissione del parametro polveri dal camino E312 nei giorni 17-18-19 agosto sarebbero ascrivibili:
– alla temporanea ed imprevista parzializzazione del sistema di depolverazione primario a causa di un guasto elettrico che ha determinato lo stacco dell’alimentazione del campo n. 1 del sistema di elettrofiltrazione MEEP (elettrofiltro E81);
– nella notte tra il 17 e il 18 agosto il pronto intervento di manutenzione elettrica avrebbe resettato un quadro di alta tensione nel campo 1 dell’elettrofiltro a servizio della linea E, generandosi tuttavia in tal modo un allarme sul campo oggetto di intervento;
– fino al 19 agosto il sistema di depolverazione avrebbe funzionato senza il campo 1 del filtro MEEP 81.
Afferma il gestore che i fenomeni emissivi sarebbero cessati con il rispristino della funzionalità del campo 1 e che tali danni sarebbero imputabili non tanto al guasto in sé del medesimo campo, ma piuttosto al perdurare del disservizio a causa del contestuale malfunzionamento del PLC, che ha reso inefficace l’immediata attivazione dei controlli.
Si evidenzia inoltre che l’incidente non sarebbe accaduto in presenza di una configurazione del sistema che avesse previsto plurimi sistemi di alert ovvero un adeguato presidio tecnico della sala quadri.
Si evidenzia altresì che il guasto al quadro 1 sia stato generato da alcune schede SCR danneggiate e per le quali non erano disponibili le parti di ricambio.
Dalla predetta relazione di ISPRA si rileva inoltre la presenza di ulteriori criticità e anomalie – sempre nel giorno del 17 agosto – atteso che dal rapporto di servizio dell’operatore AMI risulta segnalato:
– per la linea D il malfunzionamento del campo 4 del MEEP D81, il quale si è “fermato molto spesso” a partire dalle 17.59 del 17 agosto per poi rivelarsi essere in corto alle 22.37;
– il gestore ha dichiarato in proposito che il campo 4 funzionava in modo non costante e che per ripristinarlo è stata necessaria una ritaratura dei parametri di minima tensione.
Per quanto attiene lo stato di manutenzione dei componenti elettrici del sistema di depolverazione è emerso che il gestore aveva svolto la prescritta attività di manutenzione, pulizia e serraggio delle connessioni agli otto quadri di comando dei campi MEEP in data 24.6.2019 e che la successiva manutenzione era prevista a otto mesi di distanza da tale data.
Dagli accertamenti eseguiti in data 24.12.2019 da ISPRA sono emersi ancora ulteriori profili di criticità con riferimento alle procedure di gestione dell’approvvigionamento e del magazzino, atteso che – a fronte del danneggiamento delle schede SCR di catalizzazione – il gestore ha seguito una procedura per il relativo acquisto secondo le regole ordinarie, non essendo prevista la possibilità di ricorrere a procedure di approvigionamento delle componenti in avaria in via semplificata e d’urgenza.
Risultano quindi accertate una serie di carenze e di criticità sia dal punto di vista tecnico degli impianti e, soprattutto, dei sistemi di controllo e di monitoraggio, nonché una inadeguatezza gestionale, atteso che – ad esempio – proprio l’assenza di previsione di una procedura per l’acquisizione di componenti tecniche danneggiate in via d’urgenza avrebbe dovuto comportare – secondo le regole di una diligente gestione – l’acquisizione di schede SCR e la loro conservazione nel magazzino come scorta.
Con riferimento all’ulteriore quesito circa il probabile affidamento in ordine al non ripetersi in futuro di eventi emissivi anomali, la relazione di ISPRA dà atto della solo parziale soluzione di taluni dei problemi evidenziati, atteso che – a mero titolo esmplificativo – non risulta ancora previsto l’approvvigionamento di scorte di componentistica di ricambio necessario per far fronte ai – purtroppo frequenti – casi di mal funzionamento degli impianti.
Alla stregua della documentazione in atti e dalle risultanze dell’attività istruttoria, emergono pertanto molteplici criticità sotto due ordini di profili: l’uno correlato alla mancata definizione, con inaccettabile ritardo, del procedimento relativo al monitoraggio del set integrativo (in particolare per naftalene e particolato); l’altro correlato alle suindicate criticità, di natura sia tecnica che gestionale, ovvero sinteticamente relative:
-al funzionamento degli impianti di produzione (in particolare camino E312 e cokerie):
-ad omissioni e ritardi nell’adeguamento (in particolare installazione dei filtri a manica e copertura dei parchi);
-all’inadeguatezza e al mal funzionamento della rete AMI di monitoraggio (attraverso centraline fisse), sia in ragione della natura statica dei rilevamenti medesimi, sia in quanto risultate inefficienti, in quanto in “transitorio” per un periodo pari a quasi il 30%.
-criticità gestionale con riferimento agli interventi in emergenza, alle scorte e alle procedure di approvvigionamento.
Deve aggiungersi, come evidenziato dalla difesa di Codacons, che quanto sopra risulta altresì comprovato anche dalle stesse relazioni semestrali trasmesse dal Gestore al MATTM e acquisite agli atti a seguito dell’istruttoria disposta dal Collegio.
Come evidenziato nella citata memoria di Codacons del 2 ottobre 2020, da tali relazioni si evince infatti che nell’arco di tempo dall’11.1.2019 al 29.11.2019 sono state effettuate ben n. 65 segnalazioni, molte delle quali relative a casi di anomalie di funzionamento e/o di valori emissivi anomali (per il dettaglio si rinvia alle citate relazioni, depositate in atti).
E’ risultato altresì il frequente esercizio dell’attività produttiva in modalità di “transitorio”, con conseguente impossibilità di tracciamento degli eventi emissivi.
X EMISSIONI NOCIVE SET INTEGRATIVO E ATTIVITA DELLO STABLIMENTO AMI
Un altro equivoco in cui incorre la difesa delle ricorrenti e del Ministero (nonché di ISPRA) è quello di ritenere di poter escludere la responsabilità di AMI-ex ILVA in ordine ai vari e ricorrenti accadimenti emissivi in ragione della compresenza nell’area interessata di altri due impianti produttivi in AIA, quali la raffineria Eni e la Centrale Termoelettrica di ArcelorMittal.
ISPRA nella sua relazione, dopo aver evidenziato che gli inquinanti del set integrativo potranno semmai essere considerate solo ai fini della valutazione del danno sanitario connesso ad una successiva fase sulla base degli accertamenti degli enti incaricati (ARPA Puglia, ARESS, ASL Taranto), afferma comunque che il predetto set integrativo non sarebbe ricollegabile agli episodi da cui è scaturito l’impugnato provvedimento sindacale e rappresenta altresì la possibilità che i fenomeni emissivi odorigeni in questione possano essere ricollegati sul piano causale anche agli altri due stabilimenti in AIA ubicati nella medesima area (raffineria ENI e centrale elettrica di AMI).
Rileva in proposito il Collegio che, essendo certa l’emissione dei predetti inquinanti da parte del sidrurgico ex ILVA-AMI, in quanto naturalmente connessa con l’attività produttiva del siderurgico, il concorso eventuale di altro soggetto, operando come mera concausa, non esclude comunque la responsabilità delle ricorrenti, ma si affianca semmai ad essa, dovendo ritenersi sul piano dell’efficienza causale l’equivalenza della causa e della concausa, in quanto entrambe collegate sul piano eziologico all’evento inquinante dannoso.
In particolare ARPA Puglia ha accertato l’impatto negativo in atmosfera delle emissioni di SO2 e H2S prodotte dalle operazioni di colata della loppa in vasca di granulazione avvenute presso l’area AFO1, con riferimento al giorno 21 febbraio 2020.
La predetta relazione evidenzia peraltro talune gravi incongruenze insite nella relazione tecnica trasmessa da ISPRA, atteso che, mentre da un lato ISPRA rileva che “la sorgente emissiva indagata nella valutazione non possa essere considerata l’unica causa del fenomeno di inquinamento osservato” (relazione ISPRA prot. 32371/20209), facendo evidente riferimento alle altre due installazioni soggette ad AIA, ovvero Raffineria Eni e Centrale Termoelettrica ArcelorMittal Energy, presenti nella medesima area, riferisce successivamente – nella medesima relazione che “dall’analisi dei dati rilevati dalla rete di monitoraggio della qualità dell’aria interna allo stabilimento ENI, nelle giornate del 20-21/2/2020, non si rilevano livelli di concentrazione di parametri H2S e S02. Particolarmente critici né apprezzabili variazioni rispetto ai normali trend; in particolare, i valori di concentrazione oraria del parametro H2S, registrati dalle stazioni monitoraggio della rete Eni, sono risultate contenute e al di sotto della soglia olfattiva”.
Risulta viceversa e in proposito senz’altro condivisibile quanto evidenziato da ARPA, dovendosi concludere che l’innalzamento dei valori H2S e S02 rilevato nei giorni 20-21.2.2020 si sia sviluppato in due fasi temporali ravvicinate, dovendosi ritenere altamente probabile ricondurre sul piano eziologico la prima ad ArcelorMittal in occasione del colaggio di loppa presso AFO1, mentre la seconda ascrivibile in concorso ai vicini impianti Eni e AMI Energia.
Dalla predetta relazione ARPA si evince altresì che da ulteriori accertamenti eseguiti in date 7 e 8 luglio 2020 da ISPRA e ARPA Puglia, in occasione dell’ennesimo significativo evento emissivo del 4 luglio 2020, si sarebbe determinata l’immissione in atmosfera di un ingente quantitativo di polveri provenienti dall’acciaieria, generandosi una densa nube ricaduta nelle aree prossime allo stabilimento, che ha determinato nel quartiere Tamburi (centralina di Via Orsini) il superamento del limite giornaliero di sicurezza per l’inquinante PM10, non rilevando sempre sul piano causale l’evento temporalesco che in pari data ha interessato l’area urbana di Taranto.
Le evidenze di cui sopra non appaiono contraddette dalla relazione tecnica prodotta dalla ricorrente ArcelorMittal, atteso che – ad esempio, non può condividersi quanto ivi affermato ovvero che “l’attuale assetto impiantistico per il trattamento delle emissioni in atmosfera primario camino E312 sia in linea con quanto previsto nella decisione della Commissione Europea del 28.2.2012 che stabilisce le conclusioni sulle migliori tecniche disponibili per la produzione di ferro ed acciaio ai sensi della direttiva 2010/75/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali”.
Così, ad esempio, con riferimento alle BAT20 e BAT25, non sembra adempiuta la prescrizione, finalizzata – da un lato – a una riduzione delle emissioni di polveri derivanti dai gas di scarico e – dall’altro – alla riduzione delle emissioni di policloro-dibenzo-diossine/poli-cloro-dibenzo-furani della linea di sinterizzazione, atteso che in entrambe le ipotesi suindicate si prevede comunque – quale migliore tecnica disponibile -l’installazione in via preferenziale di filtri a manica qualora applicabili, ove invece si consideri che l’installazione dei filtri a manica, previsti già con il DPCM 29.9.2017, non risultano a tutt’oggi ancora installati.
XI QUADRO SANITARIO-EPIDEMIOLOGICO
Appare opportuno infatti premettere alcune considerazioni in ordine alle criticità ambientali e al conseguente danno sanitario connessi all’attività produttiva e industriale in questione ed i suoi effetti sulla popolazione residente.
Come già evidenziato, l’immissione in atmosfera di inquinanti ulteriori e diversi rispetto a quelli previsti in AIA, quali i particolati PM10 e PM2,5 (polveri sottili), nonché il naftalene ed altri (come rame e mercurio); risulta già da tempo segnalata, sulla base delle rilevazioni e dei monitoraggi sulla qualità dell’aria, non solo e non tanto nella rete AMI, quanto soprattutto nella più adeguata rete RRQA, atteso che le predette sostanze sono tutte attive su entrambe le predette reti di rilevamento sopra citate (con esclusione del solo mercurio).
Secondo la letteratura scientifica, la correlazione causale tra tali sostanze, (tra cui in particolare il PM2,5) e specifiche patologie, in particolare quelle oncologiche, per le quali nell’area interessata – e soprattutto nel rione Tamburi e Borgo – Città Vecchia (maggiormente esposti agli inquinanti dell’acciaieria) è stata accertata una incidenza percentuale in eccesso in danno della popolazione residente, con una elevatissima percentuale di casi oncologici in soggetti in età pediatrica e infantile.
Nei rapporti VDS elaborati da Arpa, ASL Taranto e AReSS è stata accertata l’emissione in atmosfera da parte del siderurgico delle polveri sottili PM10 e PM2,5, polveri che veicolano in atmosfera composti organici volatili derivanti, tra l’altro anche e in particolare nei processi di combustione incompleta connessi all’utilizzo del carbone; tra tali sostanze risulta particolarmente significativi gli Idrocarburi Policlinici Aromatici (IPA), individuati in più di 100 specie tra cui il naftalene, il benzo(a)pirene (cancerogeni), nonché anidride carbonica (CO2), derivante dalla combustione di carbone, ozono (inquinante secondario).
Come è noto le polveri sottili per le loro dimensioni, una volta diffuse in atmosfera, vengono inalate e si accumulano nel sistema respiratorio; dopo l’individuazione delle PM 10 sono state individuate polveri sottili di diametro inferiori a 10 micron come le PM 2,5 (2,5 micron), ancor più insidiose perché vengono assunte con la respirazione, penetrando nei polmoni e nel sistema cardiocircolatorio diffondendosi nell’organismo umano. Pertanto, i danni derivanti dalla diffusione delle polveri sottili PM 10 sono circoscritti al sistema respiratorio, mentre quelli derivanti dalle polveri sottili PM 2,5 si estendono facilmente anche ad altri apparati dell’organismo. Le polveri sottili sono volatili e si depositano ovunque e tale fenomeno risulta particolarmente insidioso in un sistema geomorfologico e meteorologico come quello della città di Taranto, per effetto dei venti legati alle correnti marine e alla peculiare morfologia. Mentre il particolato con diametro superiore a 10 micron, pur essendo nocivo, non comporta un elevato rischio sanitario in quanto la relativa inalazione comporta una assimilazione nel sistema respiratorio solo in minima parte, le particelle di polveri sottili PM10 e PM2,5, nonché le c.d nano polveri (PM1 – PM0,1 – PM 0,001) risultano inquinanti particolarmente insidiosi non solo in sé considerati ma anche in quanto veicolatori di cancerogeni di categoria 1 come il naftalene e il benzo(a)pirene.
Il naftalene, cosi come benzo(a)pirene, risulta classificato come cancerogeno di gruppo uno indipendentemente dalla soglia di assunzione, in quanto idoneo a determinare sul piano causale patologie come la leucemia mieloide acuta, la leucemia acuta non linfocitica, il mieloma multiplo e il linfoma non Hodgking.
Sempre con riferimento al quadro sanitario ed epidemiologico, la relazione dell’AReSS del 4 gennaio 2021, ha evidenziato che proprio gli inquinanti del cd. set integrativo presentano una diretta efficienza causale sull’elevato tasso di mortalità e di ospedalizzazione nell’area interessata rispetto alla medi regionale.
Peraltro, nella stessa perizia di parte del 4.12.2020 depositata dalla ricorrente ILVA in a.s., si legge ”l’analisi complessiva delle misure consiglia di considerare come indicatori più importanti dell’esposizione complessiva da porre in relazione con i danni alla salute umana il PM10 e il PM2,5”.
Emerge dunque una unanime negativa valutazione relativa alla diffusione in atmosfera di polveri sottili PM 10, PM 2.5, anche in associazione con SO2, in relazione alla specifica incidenza sul piano causale rispetto alle patologie soprattutto oncologiche, ma anche – per quanto sopra evidenziato al PM 2,5 – alle malattie dell’apparato cardio vascolare, renale e neurologico, dell’apparato digerente.
Sotto tale profilo appare condivisibile quanto rappresentato dalla relazione prodotta da ARPA Puglia, nonché da AReSS nella relazione a firma della Dott.ssa Lucia Bisceglia in sede di replica alla consulenza tecnica prodotta dalla ricorrente, della quale si contestano le conclusioni “sia dal punto di vista del metodo che dal punto del merito”.
Si evidenzia in particolare la che la perizia di parte ricorrente avrebbe del tutto ignorato lo specifico contributo riferimento alle emissioni del siderurgico e alla qualità dell’aria di Taranto rinveniente dai numerosi rapporti predisposti da Arpa Puglia a partire dall’anno 2008 “preferendo citare studi del CNR del 2001, di altri ricercatori del 2004, o studi internazionali, pur avendo a disposizione i dati locali specifici dell’area interessata, aggiornati periodicamente ed elaborati da una agenzia pubblica che opera nell’alveo e con le regole del sistema Nazione di Protezione Ambientale”.
Così, ad esempio – come risulta in atti dalla relazione di ARPA Puglia risalente all’anno 2014 (doc. 31 della relativa produzione) – il frequente verificarsi di fenomeni odorigeni molesti riferiti ad emissioni in atmosfera connesse alla produzione ILVA risulta documentato da tempo ed oggetto di specifico studio e monitoraggio su scala biennale fin dal biennio 2013-2015.
Osserva il Collegio che la diffusione in atmosfera di significativi eventi odorigeni molesti costituisce anzitutto indice sintomatico di una complessiva insalubrità ambientale e determina notevole allarme nella popolazione residente, come si evince dalle continue segnalazioni in tal senso da parte dei cittadini di Taranto.
Da uno studio condotto da ISPRA insieme con ARPA Puglia e supportato dai dati acquisiti attraverso la rete regionale per il monitoraggio per la qualità dell’aria (doc. 30 della produzione di ARPA), si evince ad esempio, anche per gli anni 2017 – 2018, il frequente superamento delle soglie di sicurezza su base mensile degli inquinanti di PM10 e derivati, con maggiore evidenza rilevato nelle centraline di via Archimede (rione Tamburi), pur non risultando superata la media annuale stabilita in AIA/DPCM.
L’attività di ricerca relativa al rapporto di valutazione del danno sanitario stabilimento ILVA di Taranto ai sensi del decreto ministeriale 24/2013, condotta congiuntamente da ARPA Puglia AReSS e ASL Taranto nell’anno 2018 (anche sulla base dell’aggiornamento dello Studio Sentieri coordinato dall’ISS nell’ambito del progetto CCM 2015), ha evidenziato l’elevata incidenza percentuale nella città di Taranto di una serie di patologie sia di natura oncologica, sia relativa a malformazioni congenite nell’arco di tempo considerato, con un eccesso dell’indice di mortalità generale nella popolazione residente e un aumento significativo dei casi “di decesso a causa di patologie associate all’esposizione industriale specifica del sito in particolare per il tumore del polmone, mesotelioma della pleura e per le malattie dell’apparato respiratorio, in particolare per le malattie respiratorie acute tra gli uomini e quelle croniche tra le donne”, evidenziandosi altresì un eccesso rispetto alla incidenza media delle patologie oncologiche su base regionale.
In particolare si evidenzia “in questo sito sono stati registrati 173 casi di tumori maligni nel complesso delle età considerate (0-23 anni), dei quali 39 in età pediatrica e 5 nel primo anno di vita. In età pediatrica si osserva un numero di casi di tumori del sistema linfoemopoietico totale in eccesso rispetto all’atteso, al quale contribuisce sostanzialmente un eccesso del 90% nel rischio di linfomi, e in particolare linfomi NonHodgkin; si sottolinea inoltre che dei 22 casi di tumori del linfoemopoietico totale in età pediatrica 11 sono stati diagnosticati in età 5-9 anni”; “in età giovanile (20-29 anni) si evidenzia un eccesso del 70% di incidenza dei tumori della tiroide”; ed ancora “i nati da madri residenti nel periodo 2002-2015 sono stati 25.853; nello stesso periodo sono stati osservati 600 casi di Malformazione Congenita, con una prevalenza superiore all’atteso calcolato su base regionale”.
Il predetto studio (IESIT) è stato successivamente implementato ed aggiornato dalla ASL di Taranto in collaborazione con l’Università di Bari Cattedra di Statistica Medica dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale e con AReSS Puglia, sempre con riferimento al periodo compreso dal 2006 al 2015 per la mortalità e dal 2006 al 2017 per la ospedalizzazione.
Conclusivamente, e demandando alla lettura delle allegate relazioni per le informazioni di dettaglio, è stato accertato un significativo eccesso del tasso di mortalità per la popolazione residente per patologie associate all’esposizione industriale specifica del sito e, in particolare, per patologie oncologiche dell’apparato respiratorio, con tassi SIN in incremento decisamente superiori al dato medio regionale, evidenziandosi conclusivamente “un rischio non accettabile in termini di mortalità naturale per esposizione per PM2,5 (derivante da riconversione del PM10) in particolare a carico dei residenti del quartiere Tamburi” con una negativa prognosi di ulteriore impatto per il caso di implementazione del limite di produzione di sei milioni di tonnellate annue ex art. 2 del DPCM 2017.
XII- CONCLUSIONI
Deve ritenersi quindi provato che i fenomeni emissivi indicati nell’impugnata ordinanza sono stati determinati da malfunzionamento tecnico, difettosa attività di monitoraggio e di pronto intervento, nonché criticità nella gestione del rischio e nel sistema delle procedure di approvvigionamento di forniture e di negligente predisposizione di scorte di magazzino.
Dalle risultanze acquisite con la disposta istruttoria si evince altresì che tali criticità e anomalie possono ritenersi risolte solo in minima parte e che, viceversa, permangono astrattamente le condizioni di rischio del ripetersi di siffatti gravi accadimenti emissivi, i quali del resto non possono certo dirsi episodici, casuali e isolati.
Permangono – ad esempio – le criticità connesse alla mancata sostituzione dei filtri MEEP, alla mancata copertura dei nastri trasportatori e dei parchi, nonché il difettoso e/o intermittente funzionamento della rete di rilevamento delle emissioni.
E ciò con riferimento allo scenario emissivo in essere, corrispondente al livello di produzione di sei mila tonnellate/anno e sempre riferito al set emissivo ordinario.
Ben altre considerazioni occorre fare con riferimento alla accertata immissione in atmosfera di emissioni inquinanti facenti parte del c.d. set integrativo, quali naftalene e benzene e particolati PM10 e PM2,5, questi ultimi non solo estremamente nocivi in sé, ma anche in quanto veicolatori di sostanze volatili come il naftalene, classificato come cancerogeno di categoria 1, ovvero come causativo di gravi patologie oncologiche a prescindere dal quantitativo o livello di assunzione (per inalazione).
Peraltro lo spargimento di polveri sottili, per effetto della particolare configurazione geomorfologica della città di Taranto e delle interazioni con le correnti meteo-marine, risulta rilevabile in maniera attendibile esclusivamente dalle centraline di monitoraggio della rete ARPA-RRQA, in quanto dislocate sul territorio e, in particolare, nelle zone maggiormente interessate dallo spargimento delle polveri sottili, ovvero o rioni Tamburi e Borgo-Città Vecchia.
Con riferimento al primo profilo, occorre a questo punto sgombrare il campo da un ulteriore equivoco in cui incorre la difesa delle ricorrenti e del Ministero, ovvero quello di ritenere l’impugnata ordinanza come esclusivamente collegata agli episodi emissivi specificamente indicati nel provvedimento.
Ed invero anche da una mera lettura dell’ordinanza si evince infatti agevolmente che gli episodi ivi indicati rappresentano mera occasione dell’adozione del provvedimento, e che gli stessi assumono rilevanza non già in sé considerati, bensì in quanto sintomatici di un incombente pericolo di reiterazione dei fenomeni emissivi.
L’ordinanza contingibile e urgente impugnata, adottata ai sensi dell’articolo 50 T.U.E.L., è volta a prevenire il ripetersi, via via più frequente, di immissioni in atmosfera in grado di determinare grave danno alla salute della popolazione residente, oltre che in considerazione dell’elevato allarme sociale che siffatti episodi emissivi determinano in una popolazione già assolutamente provata.
Proprio tale situazione, da un lato, comprova la piena sussistenza, nella fattispecie in esame del presupposto grave pericolo per la salute e per la vita dei cittadini, che – nel caso della città di Taranto deve ritenersi immanente e permanente.
Il Collegio rileva che, alla stregua di tutto quanto sopra evidenziato, risulta evidente l’infondatezza di tutti i motivi dedotti a sostegno dei ricorsi.
Non ricorre anzitutto il dedotto vizio di carenza di potere o difetto di attribuzione e/o di violazione del principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, i quali – pur diversamente articolati da ILVA e da ArcelorMittal –muovono entrambi dall’erroneo convincimento di attribuire al provvedimento impugnato la finalità di perseguire una sostanziale modifica dell’AIA e, al tempo stesso, dall’ulteriore e altrettanto erroneo convincimento del ritenere che il rispetto dei parametri AIA con riferimento alle emissioni del set minimo integri di per sé garanzia di assenza di rischio o danno sanitario per la popolazione.
Rileva in contrario il Collegio che tale assioma risulta del tutto illogico e che il potere contingibile e urgente ex art. 50 T.U.E.L si pone al di fuori del procedimento amministrativo autorizzativo dell’attività produttiva, trattandosi di un potere residuale previsto dall’ordinamento proprio al fine di tutelare diritti fondamentali, come il diritto alla salute dei cittadini, in un contesto di criticità connotato da urgenza e indifferibilità dell’intervento e della impossibilità di ricorrere ai rimedi ordinari.
Nel caso di specie, ad abundantiam, l’esercizio del potere contingibile e urgente da parte del Sindaco trova peraltro ulteriore supporto logico in considerazione del fatto che, anche a prescindere dalla rilevanza secondaria che nell’ambito dell’AIA – e ancor più nel caso della legislazione speciale prevista per l’ex ILVA, in quanto impianto strategico di interesse nazionale – riveste la valutazione del danno sanitario, il Sindaco ha comunque esercitato ogni iniziativa utile al fine di sollecitare un intervento di riesame dell’AIA, sulla base di qualificati pareri e relazioni ambientali e sanitarie, senza sortire tempestivi risultati e cui ha fatto riscontro, ad esempio la nota di ISPRA con cui quest’ultima assume di non avere competenza in campo sanitario.
Ciò appare paradossale, sol che si consideri che, secondo lo speciale procedimento previsto dalla legge del 2012, ad ISPRA è affidato il terzo e ultimo step del procedimento di verifica volto al riesame dell’AIA, atteso che ISPRA ha specifiche competenze in materia ambientale.
Sicché nel caso di specie certamente non erano disponibili rimedi ordinari, comunque attivati – attesa la perdurante pendenza del procedimento del riesame relativamente al monitoraggio del set integrativo.
Solo la concreta ed elevata probabilità del ripetersi di eventi emissivi ulteriori e del connesso rischio per la salute della popolazione residente e del conseguente allarme sociale ha determinato l’adozione del provvedimento impugnato, in concreto l’unico idoneo a prevenire i paventati danni.
Come sopra già evidenziato, lo stato di grave pericolo in un contesto abitativo come quello della città di Taranto, aggravato proprio dal sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico, deve ritenersi permanente ed immanente.
Senza peraltro considerare che, come sopra evidenziato, anche le criticità legate alle anomalie di funzionamento e alle emissioni del set ordinario, che pure hanno costituito uno dei presupposti dell’impugnato provvedimento contingibile e urgente, sono risultate confermate dall’attività istruttoria disposta dal Collegio, oltre che risultare agevolmente desumibili anche dalle stesse relazioni semestrali inviate dal gestore al MATTM e dalle numerose diffide per violazione dell’AIA, alle quali non sempre – ed anzi quasi mai – sono seguite adeguate misure sanzionatorie.
Risultano altresì infondati, tutti i motivi, pur se diversamente articolati, con i quali si deduce difetto di istruttoria, difetto di motivazione ed eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, atteso che, da quanto sopra esposto, si evince che l’impugnata ordinanza risulta supportata da adeguata istruttoria, anche per relationem, attraverso il richiamo alle relazioni di organi tecnici e consultivi particolarmente qualificati (ARPA Puglia, AreSS, ASL Taranto, ISS), nonché supportato da motivazione più che adeguata e coerente.
Risultano altresì infondati i motivi con i quali si deduce da un lato il superamento delle situazioni legate alle due serie di eventi emissivi indicati nell’ordinanza, dall’altro si contesta l’insussistenza del requisito dell’imprevedibilità.
Rileva in contrario il Collegio che, dall’istruttoria espletata, è emerso anzitutto come le criticità e le anomalie ipotizzate nel provvedimento contingibile non solo fossero realmente sussistenti, ma anche che le stesse non siano state risolte, se non che in minima parte, permanendo comunque – quand’anche per mera ipotesi volesse prescindersi da ogni altra valutazione – il grave pericolo per la salute umana connesso all’immissione in atmosfera delle polveri sottili, particolato PM10 e PM2,5 particolarmente dannose in sé, nonché in quanto veicolatori di cancerogeni di ctg. 1 come il naftalene e il benzo-(A)-pirene.
Ma soprattutto appare decisivo il rilievo già sopra evidenziato, ovvero che l’impugnato provvedimento non rappresenta certo una reazione rispetto ad episodi già storicamente verificatisi, atteso che tali episodi hanno costituito oggetto di valutazione esclusivamente in quanto sintomatici di un sempre più frequente ripetersi di fenomeni emissivi nocivi sia con riferimento al set ordinario, sia con riferimento alla emissione degli inquinanti del cd. set integrativo, altamente nocivi e pericolosi per la salute umana e non oggetto di monitoraggio alcuno.
Premesso che, sulla base dei puntuali citati accertamenti (ASL Taranto e ARPA), sono stati accertati fenomeni emissivi relativi a sostanze inquinanti riconducibili allo stabilimento siderurgico e non incluse negli allegati AIA tra quelle soggette a monitoraggio, rileva il Collegio che l’immissione in atmosfera di tali inquinanti deve ritenersi del tutto abusiva e non autorizzata, atteso che l’individuazione puntuale nell’AIA delle sostanze nocive delle quali è previsto il monitoraggio, circoscrive l’ambito delle immissioni nocive consentite e – sotto altro profilo – costituisce al tempo stesso e correlativamente il limite obiettivo ed invalicabile, difettando per le emissione di tali inquinanti qualsivoglia copertura, anche dal punto di vista amministrativo.
Con riferimento alla dedotta carenza del requisito di imprevedibilità, rileva il Collegio che come è noto, per pacifica e consolidata giurisprudenza, tale requisito riveste un importanza del tutto spernibile, apparendo irrilevante e secondaria la considerazione del livello di diligenza dell’Autorità chiamata a provvedere rispetto alla prioritaria esigenza di tutelare il diritto alla salute dei cittadini.
Non colgono nel segno neanche le censure con le quali entrambe le ricorrenti assumono difettare il requisito della temporaneità e/o della proporzionalità delle misure adottate.
Ed invero, il requisito della temporaneità risulta strettamente connesso con le esigenze di tutela del bene protetto, ovvero – nella specie – della salute dei cittadini residenti in Taranto, pertanto “la possibilità di adottare ordinanze contingibili e urgenti non è automaticamente esclusa dal fatto che la relativa esecuzione comporti effetti irreversibili: infatti la finalità precipua delle ordinanze contingibili e urgenti è di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Pertanto, gli effetti – temporanei o definitivi – derivanti dall’istituzione delle misure ingiunte con siffatti provvedimenti dipendono essenzialmente dal tipo di rischio da prevenire o eliminare tenendo conto delle effettive e specifiche circostanze del caso di specie” (C.d.S. sez. IV n. 7665/2019).
L’impugnato provvedimento, che risponde quindi perfettamente all’ipotesi di cui al D. Lgs 267/2000 art. 50 co. 5, risulta pertanto del tutto immune dai denunciati vizi.
L’ordinanza contingibile e urgente impugnata costituisce peraltro applicazione del principio di precauzione, che risulta nella specie correttamente applicato e rispettoso del principio di proporzionalità, sia nella parte in cui ha ordinato alle ricorrenti un approfondimento istruttorio ulteriore (ordine rimasto privo di sostanziale riscontro), sia nella parte ordina procedersi all’avvio delle operazioni di spegnimento degli impianti dell’area a caldo del siderurgico (cfr. C.d.S. sez. IV 11.2.2019 n. 983).
Come è noto il principio di precauzione, nato nell’ambito della normativa comunitaria (art. 7 regolamento n. 178 del 2002) con riferimento al settore alimentare è stato successivamente recepito dalle direttive unionali come principio generale applicabile anche con riferimento alla materia della tutela della salute dei cittadini.
In particolare tale principio impone che, allorché ricorrano incertezze o ragionevoli dubbi in ordine al rischio per la salute delle persone, possono essere adottate misure di tutela del bene protetto ancor prima che risulti pienamente dimostrata l’esistenza e gravità delle fonti di rischio (cfr C.d.S sez. III n. 3.10.2019 n. 6655; TAR Sardegna Sez I 16.11.2020 n. 628).
In proposito è opportuno richiamare l’orientamento giurisprudenziale espresso dal Consiglio di Stato, che ha statuito che l’assoluta imprevedibilità del rischio non costituisce presupposto indefettibile per l’adozione delle ordinanze sindacali contingibili e urgenti (CDS sez. V 3.6.12013 n. 3024).
Parimenti la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha condivisibilmente ritenuto che il fatto che una situazione fonte di rischio sia protratta nel tempo non rende per questo illegittimo il provvedimento contingibile e urgente del Sindaco, atteso che in determinate situazioni il trascorrere del tempo o lo stato di perdurante rischio non elimina da sé il pericolo per la salute dei cittadini potendo viceversa anzi aggravarlo (CdS Sez. V 25.5.2012 n. 3077).
Deve in proposito ricordarsi, con specifico riferimento alle emissioni industriali dell’ILVA e al danno sanitario della popolazione residente nell’area di Taranto, il precedente giurisprudenziale specifico e relativo ai ricorsi proposti da cittadini di Taranto c/ lo Stato italiano (Cordella e altri c/ Italia – proc.ti n. 54414/13 e n. 54264/15), definiti con sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo del 24.1.2019, che ha accertato da parte dello Stato italiano la violazione degli artt. 8 e 13 della Convenzione con condanna dello Stato italiano al versamento di somme in favore dei ricorrenti e a titolo di parziale risarcimento.
In tale sentenza, il cui contenuto deve intendersi qui richiamato, la Corte ha evidenziato il “protrarsi di una situazione di inquinamento ambientale che mette in pericolo la salute dei ricorrenti e, più in generale, quella dell’intera popolazione residente nelle aree a rischio”; evidenziando altresì che “la gestione da parte delle Autorità nazionali delle questioni ambientali riguardanti l’attività produttiva della società ILVA di Taranto è tuttora nella fase di stallo” e che “le Autorità nazionali hanno omesso di adottare tutte le misure necessarie per assicurare la protezione effettiva del diritto degli interessati al rispetto della loro vita privata”.
Deve pertanto ritenersi pienamente sussistente la situazione di grave pericolo per la salute dei cittadini, connessa dal probabile rischio di ripetizione di fenomeni emissivi in qualche modo fuori controllo e sempre più frequenti, forse anche in ragione della vetustà degli impianti tecnologici di produzione.
Con riferimento al rapporto tra attività produttiva e tutela della salute, di cui al precedente paragrafo VIII, si è già evidenziato che i limiti di compatibilità che devono regolare il bilanciamento degli interessi antagonisti, così come delineati dal Giudice delle leggi nella Sent. C. Cost.85/2013, risulta macroscopicamente violato in danno della salute dei cittadini, atteso che la compressione della tutela dei diritti fondamentali come il diritto alla salute in favore di un rilevante interesse economico come quello connesso allo stabilimento siderurgico di Taranto deve essere tuttavia contenuto entro limiti ragionevoli e invalicabili ai fini di una compatibilità con i principi costituzionali.
Richiamando quanto già sopra evidenziato con riferimento al quadro sanitario ed epidemiologico (paragrafo X), rileva il Collegio che non ricorre nel provvedimento impugnato alcuna violazione del principio di proporzionalità, che in concreto risulta viceversa violato in danno della salute e del diritto alla vita dei cittadini di Taranto, che hanno pagato in termini di salute e di vite umane un contributo che va di certo ben oltre quei “ragionevoli limiti”, il cui rispetto solo può consentire, secondo la nostra costituzione, la prosecuzione di siffatta attività industriale.
Senza peraltro considerare che l’impianto produttivo siderurgico di Taranto non risulta in linea con le direttive dell’Unione Europea, che impongono di fare uso delle migliori tecniche disponibili, atteso che peraltro lo stabilimento ex ILVA- ARCELOR-MITTAL è rimasto l’unico sul territorio nazionale con alimentazione a carbone, risultando tutti i restanti stabilimenti siderurgici da tempo convertiti nell’alimentazione elettrica dei forni (la conversione in elettrico sembrerebbe addirittura compatibile con l’asset preesistente).
Appare singolare considerare che un adeguamento tecnologico degli impianti e la conversione dell’alimentazione dei forni dal carbone all’elettrico avrebbe probabilmente scongiurato un gran numero di decessi prematuri e un’incidenza così elevata di malformazioni e patologie oncologiche, anche in età pediatrica e infantile.
Appare evidente che il mantenimento dello stabilimento di Taranto con alimentazione a carbone, comportando una notevole produzione di acciaio di buona qualità e a basso costo, risulti funzionale agli interessi economici di altre aziende dell’indotto complessivo dell’acciaio, che beneficiano dei relativi profitti differenziali.
Ed invero a fronte di una produzione di acciaio unanimemente riconosciuto come di buona qualità e a basso costo, lo stabilimento siderurgico di Taranto versa da tempo in condizioni di deficit finanziario, con gravi perdite dal punto di vista economico, dovendosi conseguentemente ritenere che l’alimentazione dell’area a caldo con carbone fossile costituisca una configurazione “necessaria” in una logica di massimazione del profitto, in quanto funzionale rispetto al sistema economico complessivamente rinveniente dall’indotto della produzione dell’acciaio nel nostro paese.
Alla stregua di tutto quanto sopra, il ricorso 393/2020 proposto da ARCELOR MITTAL e il ricorso 397/2020 proposto da ex ILVA in A.S. sono infondati e i motivi aggiunti rispettivamente proposti sono inammissibili per difetto di interesse prima ancora che infondati e, pertanto, entrambi i ricorsi cosi come integrati dai motivi aggiunti, vanno complessivamente respinti.
Quanto all’istanza di CODACONS relativa alla adozione di misure e prescrizioni conformative ex art. 34 c.p.a., rileva il Collegio che, come eccepito in proposito dalla difesa di ILVA, che tale istanza non appare in concreto compatibile – nello schema dell’ordinario giudizio di legittimità di tipo impugnatorio-caducatorio – con una decisione di rigetto della domanda.
La pubblicazione della presente sentenza comporta la decadenza delle ordinanze con le quali è stata accordata tutela cautelare alle ricorrenti nelle more della decisione di merito.
Rileva il Collegio che pertanto il termine assegnato nella misura di giorni 60 (sessanta) per il completamento delle operazioni di spegnimento dell’area a caldo, nei termini e nei modi esattamente indicati nella stessa ordinanza sindacale impugnata, deve ritenersi decorrere ex novo dalla data di pubblicazione della presente sentenza, in quanto medio tempore sospeso per effetto della sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento contingibile e urgente,
Alcun effetto cautelare invece ha inciso il provvedimento impugnato con riferimento alla prima parte, ovvero all’ordine di procedere a ulteriori accertamenti e verifiche al fine di individuare preliminarmente le anomalie di funzionamento, dovendosi conseguentemente ritenere tale termine ormai irrimediabilmente decorso.
E ciò sia perché nei confronti di tale parte dispositiva provvedimento non risultano neanche proposte specifiche censura, sia perché – secondo gli assunti delle stesse parti ricorrenti – le stesse assumono di avervi fornito riscontro con la nota del 22 marzo succitata, palesando in tal modo comunque acquiescenza, a prescindere dalla adeguatezza o meno del riscontro in questione; sia perché il periculum dedotto in sede cautelare – e che ha supportato il contenuto del decisum cautelare secondo il principio di correlazione tra chiesto e pronunciato – ha avuto ad esclusivo riferimento l’ordine di procedere allo spegnimento dell’intera area a caldo nei termini esattamente specificati dal provvedimento (e ciò per l’ipotesi i cui – come quella in esame – le ricorrenti non avessero individuato, entro il primo termine temporale assegnato, alcuna specifica localizzazione delle anomalie o delle cause di malfunzionamento).
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi 393/2020 e 397/2020, come integrati dai motivi aggiunti, cosi provvede:
-Dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi R.G. 393/2020 e 397/2020, così come integrati dai rispettivi motivi aggiunti.
– Dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Taranto e ne dispone pertanto l’estromissione dal presente giudizio;
– Respinge i ricorsi riuniti 393/2020 e 397/2020, cosi come integrati dai relativi ricorsi per motivi aggiunti, proposti rispettivamente da ARCELOR-MITTAL e da ILVA in A.S.;
Condanna ARCELOR-MITTAL, ILVA in A.S. e il Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (M.A.T.T.M.) al rimborso delle spese e competenze relative al presente grado di giudizio in favore del Comune di Taranto, di ARPA Puglia e di CODACONS, nei termini di seguito in dettaglio specificati:
– nella misura di euro 24.000,00 oltre iva ed accessori di legge in favore del Comune di Taranto, dei quali euro 18.000,00 a carico di Arcelor MITTAL e i restanti euro 6.000,00 a carico di ILVA in A.S. e del Ministero dell’Ambiente (MATTM), questi ultimi con vincolo di solidarietà fra loro;
– nella misura di euro 24.000,00 oltre iva ed accessori di legge in favore di ARPA Puglia, dei quali euro 18.000,00 a carico di Arcelor MITTAL e i restanti euro 6.000,00 a carico di ILVA in A.S. e del Ministero dell’Ambiente (MATTM), questi ultimi con vincolo di solidarietà fra loro;
– nella misura di euro 12.000,00 oltre iva ed accessori di legge in favore di CODACONS, dei quali euro 9.000,00 a carico di Arcelor MITTAL e i restanti euro 3.000,00 a carico di ILVA in A.S. e del Ministero dell’Ambiente (MATTM), con vincolo di solidarietà fra loro;
Dispone invece la compensazione delle spese di lite nei confronti del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Taranto.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente, Estensore
Ettore Manca, Consigliere
Silvio Giancaspro, Referendario