Dopo mesi di trattative, è stata approvata la proposta di riparto delle risorse presentata in Commissione Paritetica dell’Agricoltura all'interno della Conferenza Stato-Regioni dall'Emilia-Romagna.
La proposta si basa su un riparto nazionale dei fondi in base su parametri oggettivi, come ad esempio il numero di aziende agricole, la Plv (Produzione lorda vendibile), la Sau (Superficie agricola utilizzata) e la superficie forestale. La pesatura di tali parametri è riportata nella tabella seguente:
Indicatore | Fattore di ponderazione |
---|---|
SAU Istat 2016 | 25% |
N. aziende agricole Istat 2016 | 25% |
Sup. forestale IFN 2016 | 25% |
Popolazione aree rurali C e D | 10% |
Plv Istat triennio 2015-2017 | 15% |
La proposta, se venisse applicata al 100%, penalizzerebbe fortemente le regioni del Sud, in particolare Campania (-153 Milioni) e Sicilia (-124 Milioni). Mentre le due regioni più avvantaggiate sono Toscana (+ 57,5 Milioni) e Lazio (+48,4 Milioni):
Le regioni del Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia a cui si è aggiunta l’Umbria) si erano dichiarate contrarie alla modifica dei criteri di riparto, mentre le regioni del Centro-Nord avevano, fin da subito, parteggiato per il superamento dei criteri storici.
L’assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana Toni Scilla ha ribadito la ferma contrarietà del Governo Musumeci a modificare i criteri di riparto del PSR 2021-2022, evidenziando l’incongruenza della pretesa, perché il Reg. UE 2020/2220 ha prorogato per il periodo “di transizione” 2021 e 2022 le disposizioni relative alla ripartizione della dotazione nazionale del FEASR tra i programmi regionali.
Il vicepresidente del GAL Tirrenico e presidente dell’AGCI Sicilia, Michele Cappadona, commenta così la vicenda: “Il colpo di mano del ministro Patuanelli purtroppo è solo l’ennesima, più recente manifestazione di come viene spudoratamente applicato il dirottamento di risorse europee specificamente destinate al Sud d’Italia, e alla Sicilia in particolare, per ridistribuirle tra le Regioni del Nord. Questo nonostante sia “ampiamente riconosciuto dalla Costituzione Italiana e dai Trattati europei il principio di Coesione territoriale”, la cui applicazione attraverso fondi strutturali e programmi comunitari mirati ha lo scopo di “rimuovere gli squilibri economici e sociali esistenti, nonché a garantire uno sviluppo omogeneo e armonioso su tutto il Paese”.
La proposta del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli prevede l’adozione di un mix di criteri storici e nuovi: per l’esattezza 90% storici e 10% nuovi per il 2021, 70% storici e 30% nuovi per il 2022. In aggiunta, per compensare le perdite delle regioni del Sud, il Ministro ha proposto l’istituzione di un fondo straordinario di 92 milioni. Questo fondo Perequativo, finanziato con risorse nazionali ed istituito ad hoc, dovrebbe servire a compensare le minori assegnazioni per le regioni del Sud.
Confagricoltura Emilia Romagna si ritiene molto soddisfatta: “Più risorse per raggiungimento migliori standard produttivi. Il Programma di sviluppo rurale 2021-2022 dispone del 35% di risorse in più rispetto al precedente Psr. L’accordo è frutto del bilanciamento tra criteri oggettivi e storici”. E ora chiede di avviare la discussione sulla programmazione del PSR 2023-27.
Lo stravolgimento dei parametri di riparto dei fondi UE per l’Agricoltura FEASR (Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale) nel biennio di transizione 2021-2022 proposto nell’ambito della conferenza Stato-Regioni dall’Emilia Romagna ha suscitato non poche “perplessità”. La proposta, subito appoggiata da tutte le regioni del Centro-Nord, ha l’obiettivo di introdurre “parametri oggettivi”, tra cui la PLV (Produzione Lorda Vendibile) ea attuare "finalmente" il superamento dei criteri storici.
Secondo gli eurodeputati del movimento 5 Stelle Isabella Adinolfi, Laura Ferrara, Mario Furore, Chiara Gemma e Dino Giarrusso, comporterebbe un vero e proprio "scippo" alle regioni del Sud. Per questo motivo hanno presentato una interrogazione al Parlamento Europeo: “L’obiettivo cardine dei fondi europei è quello di sostenere e aiutare i territori economicamente più svantaggiati e non sottrarre risorse a vantaggio di regioni che, storicamente, hanno standard soddisfacenti di produzione e commercializzazione. Alla luce di ciò riteniamo necessario mantenere, nel biennio di transizione, i parametri vigenti già utilizzati nella corrente programmazione 2014/2020 e chiediamo alla Commissione se ritiene questa proposta coerente agli Obiettivi e alle Priorità dei Regolamenti Ue, in particolare con quelli che regolano la transizione della Pac”.
Risulta subito molto evidente l’analogia con la mancata applicazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). Com’è noto, infatti, nella ripartizione dei fondi nazionali fra le regioni è tutt’oggi utilizzato il criterio della “spesa storica”.
Come più volte denunciato dallo SVIMEZ, Corte dei Conti ed Eurispes, le regioni meridionali hanno ricevuto 840 miliardi di euro in meno negli ultimi 17 anni, circa 46,7 miliardi all’anno. Secondo il rapporto EURISPES 2020, nel 2016 lo Stato italiano ha speso 15.062 euro pro capite al Centro-Nord e 12.040 euro pro capite al Meridione. In altre parole, ciascun cittadino meridionale ha ricevuto in media 3.022 euro in meno rispetto a un suo connazionale residente al Centro-Nord.
Nonostante questa ingente quantità di denaro che ogni anno viene sottratta alle Regioni del Sud, l’applicazione dei LEP non sembra essere una priorità degli ultimi Governi, anzi… Sembra che la questione LEP venga presa con molta calma, permettendo così, ogni anno, la sottrazione di risorse alle Regioni del Sud che più avrebbero bisogno di recuperare il gap socio-infrastrutturale con le regioni del Nord.