L’Italia è il secondo paese al mondo (dopo la Spagna) nella produzione dell’olio extravergine di oliva, la Puglia è la “regina” della produzione italiana con circa il 50% di olio prodotto, come dimostrano i dati ISMEA (istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) relativi all’anno 2020:
Nella puntata dell’1 Novembre di TG2 Italia si parla di “Olio Nuovo”; la discussione è sicuramente molto interessante in quanto vengono forniti dati e nozioni sul mondo dell’olio extravergine di oliva.
Quello che lascia perplessi è la scelta di dare estrema importanza all’olio toscano (seppur rappresenta circa il 5% della produzione nazionale), mentre alla Puglia viene data una importanza marginale, sottolineando in modo marcato uno dei più grandi problemi che ha afflitto gli ulivi salentini: la Xylella fastidiosa.
Viene mostrato un lungo servizio delle varie realtà toscane, ci mostrano i “turisti in visita ai frantoi, attenti come agli Uffizi”, si parla di una “attenta attività capillare della filiera, dalla raccolta fino all’imbottigliamento”. Alla fine del servizio la conduttrice si mostra entusiasta: “che belle queste realtà!”
L’Esperto Enogastronomico Stefano Carboni parla genericamente del prezzo e qualità dell’olio. Poi la conduttrice da la linea (se così vogliamo definirla) al Presidente del Movimento Turismo dell’Olio, Donato Taurino (Pugliese) dicendo: “la territorialità della nostra Italia ci permette di avere oli molto diversi, mi viene in mente la Liguria, la Lombardia con il Lago di Garda; ma ANCHE la Puglia: a proposito con la Xylella come siamo messi li? Ha ripreso la produzione dell’olio molto bene?”. Il Presidente del Movimento Turismo dell’Olio risponde: “…stiamo riprendendo, stiamo cercando di archiviare una grossa ferita!”. Dopo poco la conduttrice interrompe per la seconda volta Taurino perché l’audio è davvero scarso, suggerendo di sistemare il microfono. Ma non sarebbe stato meglio fare una prova audio PRIMA di andare in onda?
Il patrimonio olivicolo italiano è stimato in 150 milioni di piante distribuite su una superficie di 1.165.458 ha. La Puglia vanta il più alto numero di aziende olivicole (267.203), seguita da Sicilia (196.352), Calabria (136.016) e Campania (112.093). L’olivicoltura nelle Regioni meridionali ed insulari (Puglia, Calabria, Sicilia, Basilicata, Sardegna) rappresenta l’88% della produzione nazionale.
Una pesante denuncia arriva dalla Cia Agricoltori Italiani Puglia che evidenzia come “si stia riproponendo in modo drammatico un fenomeno che mortifica l’olivicoltura pugliese: olive e olio made in Puglia venduti e utilizzati altrove per dare sostanza e qualità alle produzioni di altre regioni”:
“Le olive partono dalla Puglia per andare nei frantoi delle aree olivicole del Centro Nord Italia.
Circa mille quintali ogni giorno, via autotreno.
Così perdiamo il valore aggiunto della nostra olivicoltura!"
Almeno 1.000 quintali al giorno di olive pugliesi vanno a finire nei frantoi delle regioni del Centro Nord, principalmente Umbria, Toscana e Liguria; in un mese (da metà Ottobre a metà Novembre) si arriva ad un totale di almeno 30 mila quintali di olive che partono su autotreni dalla Puglia, per essere trasformate in olio venduto in altre regioni.
“Non biasimiamo i produttori – afferma Raffaele Carrabba, presidente Cia Puglia -, nella maggior parte dei casi si trovano a non avere alternative. E’ chiaro tuttavia come distorte e imposte dinamiche di mercato sottraggano alla Puglia, vale a dire alla prima regione italiana per produzione olivicola, tutto il valore aggiunto di un prodotto che è parte integrante della nostra identità sociale, storica e culturale, oltre a essere traino e motore economico e occupazionale”.
Secondo una stima, ad ogni litro d’olio prodotto in Toscana corrispondono 10 litri di olio imbottigliato che finisce negli scaffali nazionali e soprattutto internazionali, dando così vita alla parabola della “moltiplicazione” dell’extravergine.
Le 70 mila aziende olivicole Toscane (di cui il 43% di esse ha una superficie inferiore all’ettaro, il 60% inferiore a due ettari) producono in totale solo il 5% circa dell’olio italiano; se paragonate alle 267 mila aziende olivicole Pugliesi che producono circa il 50% dell’olio italiano, ci rendiamo subito conto di quanto i dati sull’export di olio extravergine “toscano” siano "incredibili" ed impressionanti. Infatti circa un quarto del valore di prodotti agricoli e agroalimentari che la Toscana esporta nel mondo è dato dall’olio di oliva, con un fatturato di 650 milioni di euro. In aumento dell’1,7% nel periodo gennaio giugno (fonte Istat).
“L’olio extravergine è uno dei prodotti di punta del nostro Made in Tuscany all’estero. In dieci anni le esportazioni sono aumentate del 60% con un trend in continua crescita”, spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana.
Un danno enorme per l’olivicoltura pugliese: la Xylella fastidiosa ha infettato più di 10 milioni di piante in Puglia, dove è comparsa per la prima volta nell’ottobre del 2012. Per rendersi conto della gravità della situazione, basta considerare che, per ogni pianta infetta, viene disposto l’abbattimento delle piante presenti in un raggio di 50 metri. In questo modo sono stati abbattuti centinaia di migliaia di olivi anche plurisecolari e millenari, principalmente nelle seguenti zone:
Non sono certamente mancate le polemiche per l’abbattimento indiscriminato di ulivi secolari, che ha suscitato la rabbia degli ambientalisti: "Assassini, quegli alberi hanno più storia tutti noi". Moltissime sono le associazioni (tra cui "UliVivo") che si sono opposte con manifestazioni, presidi, incatenamenti al tronco dell’ulivo secolare da abbattere, per proteggerlo.
In una nota di UliVivo si legge: “i numeri dichiarati dalla Regione delle piante già abbattute evidentemente derivano da una matematica “creativa” visto che sappiamo esserci decine di piante abbattute fra gennaio e maggio di quest’anno che scompaiono dal riepilogo della Regione per la quale la somma non fa il totale! Neanche compaiono gli abbattimenti illegittimi di olivi plurisecolari monumentali avvenuti in zona Montalbano di Fasano nel mese di giugno a cui abbiamo assistito personalmente”.
Confagricoltura, conteggiando le ore di lavorazione necessarie agli impianti di olivo, dichiara che “si sono persi circa 33mila posti di lavoro” e che “per ripristinare questi posti e il potenziale olivicolo andato distrutto, lo Stato e la Regione Puglia dovrebbero investire 3,3 miliardi di euro, mentre sono stati investiti solo 300 milioni di euro”.
Oltre al danno economico, bisogna tener conto anche dell’enorme danno storico-paesaggistico causato all’intero Salento, il cui ambiente deve essere salvaguardato in virtù di ciò che, in una epoca remota, è stato per la Magna Grecia. Quegli ulivi millenari, “giganti senza tempo”, rappresentano (rappresentavano) la memoria di una epoca che si è tramandata senza inconvenienti fino ai giorni nostri e che compongono una sorta di museo vivente, intoccabile, dando forma ad un territorio unico al livello mondiale.
Per rimpiazzare gli ulivi eradicati, le uniche due cultivar ammesse attualmente sono la Leccino e la Favolosa (FS-17) di derivazione dalla varietà Frantoio, messa a punto dal ricercatore Prof. Giuseppe Fontanazza, già direttore dell’ Iro Cnr di Perugia, il cui brevetto è, appunto, del Cnr.
La “beffa” per i coltivatori pugliesi arriva al momento della raccolta quando le ormai consolidate e distorte dinamiche di mercato non lasciano altra scelta che la vendita delle olive a prezzi stracciati, come ci spiega Giuseppe Creanza, direttore Cia Levante (Bari e BAT): “in molti casi si tratta degli stessi frantoi pugliesi che acquistano dal produttore locale, olive a 40 euro al quintale, per rivenderle ai frantoi del Centro-Nord a 90 euro al quintale”, sottraendo alla Puglia tutto il valore aggiunto di questo prodotto.
Un caso molto simile si era verificato nel periodo della raccolta delle ciliegie, altro prodotto di eccellenza della Puglia, acquistato dai produttori ad 1 euro al kilogrammo e venduto in alcuni supermercati di Milano fino a 16 euro al kilo. Anche in quel caso l'andamento del mercato aveva danneggiato pesantemente i produttori di uno dei frutti più caratteristici e pregiati del tacco d’Italia: nella sola provincia di Bari vengono raccolte circa il 34% delle ciliegie prodotte in Italia.
Ancora una volta, le “dinamiche di mercato” tendono a penalizzare (a volte addirittura sfruttare) i produttori locali; anno dopo anno, campagnata dopo campagnata, i coltivatori pugliesi entrano sempre più in difficoltà. Basti considerare la drastica riduzione del numero di coltivatori, non solo in Puglia, ma in tutto il Sud Italia.
Da chi vengono imposte queste dinamiche di mercato? Come possiamo contrastare questo fenomeno distruttivo per il tessuto agroalimentare del Sud Italia?
Molitura a pietra in PugliaIn Canosa e in tutta la Puglia, è iniziata la "danza" delle ruote di pietra nei frantoi, riempiendo l'aria della fragranza dell'olio nuovo Grazie a Savino Mazzarella e alla pagina Puglia e Pugliesi Sento il profumo della spremuta di olive!
Pubblicato da MeridionLine su Venerdì 26 novembre 2021