Il Prof. Orazio Abbamonte, docente all’Università Luigi Vanvitelli e consigliere generale della Fondazione Banco di Napoli, in un articolo sul Corriere critica duramente le parole del Prof. Adriano Giannola (Presidente dello SVIMEZ) in merito al commissariamento della Banca del Sud. Il Prof. Giannola, infatti, in una intervista ha dichiarato: “Non conosco i dati contabili di Banca del Sud, non sono in grado di esprimere giudizi nel merito, ma è evidente che se Banca d’Italia ne ha deciso il commissariamento ci saranno stati fondati motivi”.
Il Prof. Abbamonte chiede a Giannola: “E perché mai, di grazia? Perché l’ha disposto la Banca d’Italia la quale [secondo le parole di Giannola] quando agisce, «non si muove a cuor leggero»?”.
Il Prof. Giannola, su suggerimento dell’allora “tecnico” emissario della Banca d’Italia (all’interno del CdA del Banco di Napoli) Dott. Lanciotti, aveva partecipato all’istituzione della Banca del Sud con risorse della Fondazione Banco di Napoli, “mentre quest’ultimo veniva fagocitato in vantaggio della BNL” puntualizza Abbamonte.
Circa un anno fa, infatti, la Fondazione Banco di Napoli ha chiesto un risarcimento record da 1 miliardo di euro al Ministero dell’Economia per avvenimenti del 1996, quando il Banco di Napoli fu dichiarato fallito dal Ministero del Tesoro retto da Carlo Azeglio Ciampi, svenduto nel 1997 alla cordata INA-BNL per 61,4 miliardi di vecchie lire (circa 30 milioni di euro) e poi rivenduto, a novembre del 2000, al Sanpaolo-IMI di Torino per 3mila 600 miliardi di vecchie lire.
"...quei denari, confluiti nel Fondo Atlante e di lì usati per il salvataggio di più d’un istituto del Centro-Nord, non sono una bella storia: dapprima il Banco di Napoli ha di fatto arricchito la Banca Nazionale del Lavoro; poi, una seconda volta, i crediti recuperati sono stati utilizzati per salvare altre banche sempre del Centro-Nord. Insomma, qualcosa di non proprio edificante, che finisce con il riprodurre un antico modello operativo, iniziato con l’Unità d’Italia” commentava la vicenda il Prof Abbamonte.
La Fondazione Banco di Napoli, azionista di Banca del Sud, ha annunciato il ricorso TAR del Lazio per contestare la legittimità d’una scelta straordinariamente autoritaria. Infatti, secondo il Prof. Abbamonte, la Banca d’Italia “non ha ispezionato per lunghi, lunghissimi anni” la Banca del Sud, mentre oggi, quando sembrava essere prossimo un risanamento patrimoniale che avrebbe permesso alla Banca del Sud di tornare ad essere indipendente ed autonoma, “è stata stroncata da un repentino atto d’autorità repressiva, la cui assoluta impellenza non è dato comprendere su cosa abbia basato”.
In una nota diramata dalla Fondazione si legge: "La storia si ripete ogni qual volta l’attenzione della vigilanza sia rivolta ad una banca meridionale. Scattano pregiudizio e diffidenza per il sol fatto dell’origine nel Mezzogiorno d’Italia e della lontananza dai centri influenti della Finanza italiana[…]. Il commissariamento, singolarmente, all’indomani della convocazione dell’Assemblea dei soci per la valutazione dell’offerta di rafforzamento, impedendo alla Banca di procedere con gli strumenti naturali del mercato[…]. Una storia che ricorda, mutatis mutandis, la devastazione del Banco di Napoli ed il suo immenso patrimonio; una storia che porta ad osservare come gli Istituti che raccolgono ricchezza nel Meridione finiscono troppo di frequente con il soddisfare i bilanci di banche, talora più importanti, ma sempre lontane e dunque sorde alle esigenze delle realtà territoriali".
La Senatrice Sabrina Ricciardi ha depositato un'interrogazione orale con carattere d’urgenza (a seconda firma del collega Mario Turco e sottoscritta da 12 Senatori del Movimento 5 Stelle) per far luce sulle vicende che stanno interessando la Banca del Sud, istituto meridionale nato con l'obiettivo di raccogliere il risparmio di famiglie e imprese e reinvestirlo localmente.
In particolare si chiede al Ministro dell’economia e delle finanze:
Nella seconda metà degli anni novanta, la breve ma durissima recessione 93-94, ha portato all’assorbimento delle maggiori banche del Mezzogiorno da parte di quelle del Nord, determinando così la scomparsa sistematica del Sistema bancario Meridionale. Vengono spazzati via tutti gli istituti di diritto pubblico (Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Istituiti di credito speciale come CIS, Isveimer e Irfis) tutte le Casse di risparmio (dalla Siciliana Vittorio Emanuele a quelle di Calabria, Puglia, Salerno) e alcune banche popolari minori, privando così il Meridione d’Italia dei più importanti centri decisionali finanziari.
Ad oggi, questo fenomeno non è stato ancora analizzato con l’attenzione che merita; l’effetto è che un terzo del Paese si ritrova senza un sistema bancario autoctono.