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Cozza Tarantina: La Regina Dei Mitili Italiani Denigrata Da Confindustria

Bonomi: “non parliamo con chi ci propone allevamenti di cozze”

Scritto da MeridionLine a Luglio 2021   | Economia CompraSud Salute #ilva #salute #puglia #taranto #confindustria

Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad una lunga serie di vicende giudiziarie riguardanti l’ex-ILVA di Taranto:

1. la sentenza del Tar di Lecce che imponeva la chiusura dell’area a caldo

2. il Consiglio di stato aveva ribaltato la sentenza del Tar di Lecce

3. il decreto del Ministro Cingolani che imponeva il fermo della Batteria 12 della cokeria perché non a norma. Il conseguente ricorso al Tar del Lazio da parte di Acciaierie d’Italia

4. la diffida del Ministro Cingolani verso Acciaierie d’Italia per il mancato monitoraggio delle emissioni del camino E312

Contemporaneamente è arrivata la bocciatura da parte dell’UE relativa alla riqualificazione dell’ex-ILVA perché ritenuta lacunosa dal punto di vista della tutela dell’ambiente.

Confindustria si oppone

Subito dopo la sentenza del Tar di Lecce, Confindustria si era opposta alla chiusura dell’area a caldo dell’ex-ILVA, definendo il siderurgico di Taranto di importanza “strategica” per il nostro Paese, ignorando completamente gli effetti dell’ILVA sulla salute dei tarantini, ampiamente documentati all’interno della sentenza.

In occasione dell’assemblea annuale di Confindustria Bari-BAT tenutasi lo scorso Venerdì 9 Luglio a Bari nel meraviglioso Teatro Piccinni, il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, nel suo discorso pone l’attenzione sul tema caldo delle ultime settimane: “non posso evitare di parlare di Taranto, mi scuso, ma non possiamo far finta che sia un luogo qualunque”. Ricorda poi gli eccessi di emissione di Co2 ed il 30% di malati di tumore in più che creano ostilità nei confronti dell’ILVA.

La replica del Presidente di Confindustria è molto “ruvida”, quasi una offesa per la città di Taranto ed i tarantini che da decenni subiscono gli effetti del siderurgico.

Bonomi: “non parliamo con chi ci propone allevamenti di cozze”


Suona davvero come una offesa l’espressione usata da Bonomi: oltre al danno, la beffa!

Infatti, la antichissima e pregiatissima attività ittica, che negli anni passati occupava più delle persone che attualmente sono occupate nella fabbrica, ha subito un durissimo colpo a causa delle inchieste sulle emissioni di diossina prodotte proprio dall’ILVA. Il reparto ittico pugliese, però, non è stato l’unico a subire gli effetti devastanti del siderurgico. Migliaia sono stati i capi di bestiame abbattuti e centinaia di ettari di terreno sequestrati. Ma l’effetto più devastante è l’abbattimento dei prezzi dei prodotti provenienti dal tarantino, come il caso delle clementine.

Le parole di Bonomi, quindi, appaiono quantomeno fuori luogo; al contrario, però, non vennero pronunciate parole simili quando il Governo ha utilizzato i fondi FAS destinati al Sud per pagare le multe erogate dall’Unione europea agli allevatori del nord che non hanno rispettato le regole sulle quote latte. Nessuno si è permesso di pronunciare, durante una importante riunione, parole del tipo “non parliamo con gli allevatori di vacche, si paghino loro le multe!”. In quel caso arrivarono i soldi per pagare le multe e tutti vissero felici e contenti…

La replica del Sindaco di Taranto

Melucci: "Poteva risparmiarsi una brutta figura pubblica probabilmente frutto di scarsa conoscenza. [...] Bastava informarsi per bene sulla storia di Taranto e sul dossier Ilva. Noi difenderemo la nostra gente, le nostre produzioni, le nostre radici, la dignità e i sacrifici di quelle categorie che hanno patito l’inquinamento dell’ex Ilva, insieme con gli operatori dell’indotto siderurgico, ai quali potrebbe riservare migliori energie e attenzioni lo stesso presidente di Confindustria nazionale. [...] Ci piace ricordare che mentre la siderurgia è arrivata a bruciare ogni anno centinaia di milioni di euro pubblici, l’Italia è stabilmente il secondo maggior produttore di pesca dell’intera area mediterranea, detiene attualmente il 12% del comparto dell’acquacoltura in ambito UE, che vale più di 4 miliardi di euro per decine di migliaia di partite Iva, che i commerci che originano sul mare e i porti valgono quasi il 3% del Pil nazionale".

La regina delle cozze

Le cozze tarantine sono il frutto del lavoro di antichi pescatori che, oltre 1000 anni fa, ne iniziarono la coltivazione soprattutto nell’amena laguna del Mar Piccolo. Definita la regina dei mitili italiani, da alcuni è considerata la più prelibata al mondo della sua specie. Questo anche grazie ai citri, flussi di acqua dolce che incidono in modo unico sulla sua salinità.

I tempi di produzione richiedono circa quattordici mesi di attesa, partendo da novembre con la preparazione dei cosiddetti letti, ed arrivando fino a maggio/giugno quando le cozze di Taranto sono quasi adulte e quindi pronte per la commercializzazione. Dopo il caso della diossina dell’ILVA, queste produzioni sono sottoposte a controlli serratissimi in laboratorio, unitamente a fasi monitorate di depurazione e analisi, rendendo queste cozze tra le più sicure del mondo.

Peccato che ad oggi queste specialità sono quasi introvabili: moltissimi allevatori, dopo le gravi perdite subite a causa dello scandalo diossina dell’ILVA, hanno abbandonato l’attività. Negli ultimi anni la situazione sembra in miglioramento; l’assessore allo sviluppo economico e al mare della città di Taranto, Gianni Cataldino, qualche mese fa ha detto: “Quella della cozza tarantina è un’economia che da sola a regime si aggira intorno ai trenta milioni di euro all’anno. Siamo convinti che per svincolarci dalla monocultura dell’acciaio si debba puntare sul mare e sul turismo”.

EURISPES: in soli 30 anni Taranto potrebbe rinascere

Il 33° rapporto EURISPES (maggio 2021) contiene un interessante sezione intitolata “Liberiamo Taranto”, scritta da Gian Maria Fara, presidente dell’istituto di ricerca. Si pone l’attenzione sul “caso emblematico” dell’ecomostro siderurgico, “un impianto voluto negli anni Sessanta/Settanta, pensato come risposta ai problemi occupazionali del Mezzogiorno e con la prospettiva di rendere autosufficiente l’Italia nella produzione dell’acciaio. […] le acciaierie Ilva hanno una superficie di 15 milioni di metri quadrati, ottenuta cancellando vigneti, uliveti e masserie, più del doppio per estensione della stessa città di Taranto”, (infatti si parla di città dentro lo stabilimento e non viceversa).

Il presidente Fara, ricorda che “le acciaierie occupano 8.200 operai con un indotto che interessa circa 3mila dipendenti, circa 5mila sono i cassaintegrati” ma soprattutto pone l’attenzione ai danni ambientali e sanitari prodotti dall’acciaieria, definendola “una vera e propria centrale di produzione delle patologie più diverse segnalate puntualmente dalle autorità sanitarie regionali”.

Secondo l’EURISPES, quindi la chiusura delle acciaierie è l’unica soluzione possibile, perché “oggi l’acciaio può essere acquistato a livello internazionale a prezzi notevolmente inferiori di quelli necessari per la sua produzione a Taranto, e che in una economia globalizzata ciascun territorio dovrebbe cercare di valorizzare al meglio i propri asset e le proprie risorse”. Secondo le stime dell’istituto di ricerca, in soli 30 anni si potrebbero smontare gli impianti, bonificare il territorio ed “avviare una serie di attività alternative legate al settore del turismo, dei servizi, dell’ambiente, dell’agricoltura mantenendo gli stessi livelli occupazionali se non, addirittura, incrementandoli”.

Però, inspiegabilmente, il siderurgico di Taranto viene “difeso a spada tratta da chi non vede, o non vuole vedere, soluzioni alternative possibili”, accusa Fara.

Difendiamoci

Amici tarantini, pugliesi, difendiamo i nostri prodotti di eccellenza. Invitiamo le associazioni di categoria a far sentire la nostra voce, difendiamoci da questi attacchi neanche troppo velati, perché se non ci difendiamo noi, come abbiamo visto in passato, nessuno lo farà al posto nostro!

Fai rumore...

Diodato: Fai rumore, canzone vincitrice a Sanremo 2020, dedicata alla città di Taranto.


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